Una puntata mordi e fuggi negli Emirati Arabi
Ottobre 2013 - Diario di viaggio di Mariano GosiÈ l’alba di un giorno di ottobre. Angela passeggia sulla spiaggia fuori del resort Atlantis, sulla famosa Palma artificiale, a Dubai. Poco lontano, i suoi occhi mettono a fuoco una figura maschile adagiata sul bagnasciuga, il gomito sulla sabbia, la palma della mano sotto il mento, il corpo che si lascia cullare dalle onde. Ha tutto l’agio di studiarlo, avvicinandoglisi: capelli biondi fluenti, tratti delicati, torso e braccia muscolosi, mani grandi e forti, sulla schiena un complicato tatuaggio “bello e irreale come un tappeto persiano”. Strano che a quell’ora sia già in acqua, ma sente che c’è qualcosa di straordinario in lui. Capisce che anche lui la sta guardando, i suoi occhi verdi sono fissi nei suoi, cammina ormai quasi in trance. Subito, si intavola tra i due una conversazione quasi confidenziale. “Che fai nella vita? Studi, lavori, viaggi?” “Ecco, dunque, dopo la laurea in agraria ho preso un anno sabbatico per chiarirmi le idee sul mio futuro. Viaggio da un mese: sono partito da Agra, in India, dove sono nato e dove abitano i miei genitori. Mia madre è americana, con lei ho viaggiato molto, in Asia ed in Nord-America. Ora vorrei visitare l’Europa e l’Africa” “Io, visto che siamo in vena di confidenze, sono brasiliana, sociologa e lavoro alla FAO, a Roma. Sono qui per qualche giorno, di ritorno da una missione in Nepal. Mi chiamo Angela e tu?” “Shiva, un diminutivo”. Angela comincia sentir fame e suggerisce a Shiva di accompagnarla. Al Kaleidoscope offrono un buffet cosmopolita, “è come avere il mondo in un piatto” dice maliziosamente Angela. Nei giorni precedenti ha registrato una serie di commenti di ospiti e visitatori che ripropone con un sorriso complice ed ammiccante.
Indossati gli abiti tradizionali arabi, abaya (rigorosamente nera) con foulard chiaro lei e kandura e kefia bianche lui, gironzolano per il resort. Angela guida il nuovo compagno attraverso le meraviglie del complesso. Per prima cosa, escono per apprezzare dalla giusta distanza le imponenti Royal Towers dalla architettura di stile eclettico con archi, cupole arabescate e guglie decorate. Visitano coscienziosamente l’affollatissimo parco acquatico, l’acquario Lost Chambers che si vuole evocativo della leggenda di Atlantide, con rovine archeologiche di cemento e una moltitudine di pesci vorticanti in un impressionante disperato moto perpetuo. L’itinerario continua con quella che è considerata l’esperienza irrinunciabile del parco: la Dolphin Bay, dove adulti e bambini “interagiscono” felici con delfini ammaestrati, proposti enigmaticamente come “gli animali più carismatici dell’oceano”: li abbracciano, li cavalcano, li accarezzano, li baciano per delle mezz’ore. Il tutto per poche centinaia di euro (per mezz’ora). Rimangono ambedue colpiti dallo spettacolo. Angela scherza: “Potremmo interagire anche noi due come loro, … per il nuoto, intendo”. Dopo pranzo passeggiano nelle gallerie con lussuosi negozi che espongono articoli dei marchi internazionali più famosi. Ovunque sfarzo, ostentazione di marmi, cristalli, ottoni, specchi, decorazioni, piante, fiori, tappeti, addobbi. A cena, al sofisticato ristorante Ossiano, da cui si godono suggestive vedute sulla Ambassador Lagoon che ospita oltre 60.000 animali marini, socializzano con una coppia di sposi novelli italiani: “Abbiamo fatto tappa in questo hotel all’inizio del viaggio di nozze alle Maldive, ora ci siamo voluti fermare ancora, tornandone. La prima volta ci avevano dato la junior suite a un piano alto sul davanti, da dove si possono vedere i pesci di sotto e Dubai Marina. Per il ritorno, avevamo preso un pacchetto con camera ocean view, poi ci hanno offerto un upgrading all’imperial lounge con vista sull’acquario e i grattacieli di Dubai, un bellissimo mix. La spa è semplicemente meravigliosa, i massaggi, poi …, insomma tutto è unico, affascinante, elettrizzante, magico. E che lusso! Al top del top, ecco. Tanto da far quasi dimenticare i troppi turisti non residenti, chiassosi e un po’ invadenti”.
Il giorno seguente tocca al Madinat Jumeirah Resort ed ai centri commerciali Dubai e Emirates, tutti raggiungibili con la modernissima metropolitana. La vista del Burj Al Arab li accompagna per un lungo tratto. Il Jumeirah ospita spiagge private, alberghi, ville, negozi di ogni genere, ristoranti, bar, un anfiteatro, giardini, spa, centri benessere, tutto in stile arabo antico. Dopo un paio d’ore decidono di passare al Mall of the Emirates. Anche qui, le solite Ferrari negligentemente parcheggiate appena fuori dell’ingresso principale. In questo centro commerciale l’attrazione principale è rappresentata da un ambiente di oltre due ettari con temperatura vicino allo zero, dove si può sciare e praticare snowboarding su una pista di 400 metri, oltre naturalmente a gustare cibi tipici delle Alpi in ristoranti a tema. Qui le “interazioni” si possono avere con pinguini, mentre all’esterno la temperatura può raggiungere i 50° Celsius. Si sta facendo tardi e la coppia si sposta al Dubai Mall.
Il modulo è simile, ma con una più ampia offerta di intrattenimenti e di punti di ristoro: una pista di pattinaggio su ghiaccio, un acquario con “solo” 33.000 animali marini, oltre mille negozi con le solite griffe internazionali e, all’esterno, il lago artificiale Burj Khalifa in cui si specchia il grattacielo omonimo e si tengono incantevoli giochi di acqua, luci e musica. Scovano un localino vicino alla fontana dei tuffatori: una fedele riproduzione di quello che potrebbe essere un ristorante tipico italiano, con vari tipi di pasta hand made, barattoloni di pelati di pomodoro ed utensili da cucina d’antan in bella vista. Secondo il maître, australiano, la qualità delle pietanze è da ascrivere alla nazionalità del cuoco: brasiliano di origine italiana. Il menu e l’impostazione generale hanno un imprimatur modenese, ma si deve andare incontro ai gusti della clientela e dunque la pasta non è proprio al dente e forse un po’ troppo piccante. Al bar vicino all’acquario, Angela, che è romana di adozione, erudisce Shiva sulle caratteristiche della culinaria italiana e capitolina in particolare e conclude: “Stavolta c’è andata anche bene, ma in genere è meglio evitare i ristoranti italiani all’estero”. Shiva osserva silenzioso gli squali e le razze che volteggiano oltre la parete trasparente, mentre Angela analizza la composizione della folla che scorre davanti a loro e nella quale si immergono di nuovo per continuare la visita. Incrociano gruppi di figure nere, stuoli di uomini soli ed altri di sole donne, famigliole.
Sostano davanti a varie vetrine, rinunciano a trovare una libreria e si dirigono verso il lago Burj Khalifa dove ottengono miracolosamente un tavolo sulla terrazza del ristorante Armani. L’ora fatidica si avvicina e la folla si infittisce. Imbrunisce, il gioco delle luci sarà più spettacolare, la musica più struggente. In effetti, il tanto decantato spettacolo delle “fontane danzanti”, gemello di quello offerto nel resort Bellagio di Las Vegas, che si tiene ogni mezz’ora, è notevole. Quasi incidentalmente le mani di Shiva e di Angela si sfiorano. Che stiano per interagire? “Peccato duri solo pochi minuti, Bocelli, però…” “Possiamo restare fino al prossimo, dai, ordiniamo un altro drink”. Il tempo passa veloce, gli spettacoli si susseguono, le luci della torre Burj Khalifa si riflettono sempre più nitide nel lago. “Domani andiamo al mercato dell’oro e a quello delle spezie sul Creek?” “Certo, però poi lasciamo questa città esagerata, sono stanco di questa grandiosità a tutti i costi, dei turisti frenetici, della loro corsa al divertimento ed agli acquisti. Mi piace tutto: i resort, il metro, i grattacieli, specialmente quelli di Dubai Marina, il Burj Al Arab (quello a forma di vela) e il Burj Khalifa (sì, il più alto del mondo), ma vorrei vedere anche altro, cambiare aria.”
La visita del souk dell’oro, con tutti i suoi primati quantitativi, risulta un po’ noiosa. Al mercato delle spezie, mille colori ed odori restituiscono loro il buon umore, nonostante le profferte insistenti dei venditori. Non comprano nulla, il solo pensiero di dover contrattare li spaventa. Fanno un giro in abra (una malconcia barchetta taxi) sul Creek, incrociando i dhow ornati di luminarie che scivolano lenti, carichi di turisti impegnati in precoci cene romantiche.
Il giorno seguente, ad Abu Dhabi, 70 miglia, vanno in motocicletta. Shiva guida con sicurezza e disinvoltura. Angela si sente a suo agio. I capelli di lui le sfiorano la fronte, i muscoli delle sue spalle si tendono sotto le sue dita, è eccitata, chiude gli occhi, si lascia andare. Sono sulla Corniche all’ora di pranzo. Visitano il mercato del pesce, dove Shiva quasi sviene alla vista delle operazioni di sventramento, smembramento e cottura di grossi pesci e di piccoli squali. Finalmente, trovano un ristorante dalla lignea facciata indianeggiante, dove Shiva ha modo di criticare la cucina indiana all’estero. In taxi, sfiorano il lussuosissimo Emirates Palace a sette stelle, passano in rassegna un gran numero di cantieri (la città cresce a vista) e arrivano alla candida Gran Moschea dello Sceicco Zayed, in tempo per il Sunset Tour. Usciranno provati, ma indenni, dalla raffica di dati numerici e qualitativi della guida che sottolineano la grandiosità di una moschea tra le più grandi al mondo, capace di ospitare 40.000 fedeli: ottanta cupole, 1.000 colonne, tappeto più grande del mondo, sala di preghiera con un lampadario tra i più grandi del mondo (dieci metri di diametro e nove tonnellate di peso!), e così via. Anche qui, un tripudio di primati. Shiva commenta sottovoce: “Straordinario anche il livello di accuratezza delle opere. Soltanto, si ha la sensazione di non essere in un luogo di culto, tale è la profusione di materiali preziosi, tarsie, mosaici, merletti. Sembra piuttosto un monumento funebre, o un resort. Ricorda il mausoleo di Agra, ma anche altre moschee ed edifici arabi.” “Vuole essere una sintesi degli stili e della cultura araba” infierisce orgogliosa la guida “Con questo grandioso complesso può competere solo l’Emirates Palace, dove una camera costa 500-600 euro e una suite fino a 12.000 euro e per dieci euro si può gustare il cappuccino con la spolverata d’oro a 24K”.
Depennata la Moschea, i due vanno a cena in un ristorante libanese proprio sul mare, al porto: pietanze promettenti e prezzi accettabili, ma anche qui, niente alcoolici. Ed Angela ha uno scatto di insofferenza, si innervosisce. Finalmente arrivano le mezze, gli involtini di foglie di vite, l’hummus, e poi le kofta e altre delizie e il buon umore di Angela ritorna: “Saldiamo il conto e andiamo a fare una passeggiata sul molo, godiamoci lo skyline della Corniche illuminata, è mozzafiato-da-non-perdere. E domani si va al Ferrari World, sulla strada per Al Ain, poi al mare in Oman.”
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