Tunisia: un paese arabo mediterraneo nel continente africano
Dicembre 2013 - Gennaio 2014 - Diario di viaggio di Ivan 16 giorniDominio coloniale francese, i berberi, i fenici, i romani, i turchi.
Boschi di querce, deserto, granai fortificati, laghi salati, isole sabbiose e punteggiate di palme.
Finalmente metterò per la prima volta piede in terra africana.
La decisione di partire in nave è nata grazie ad una mia richiesta di ricerca al nostro caro amico Roby di trovarmi un volo economico per l’Africa e giustamente sotto Natale era un’operazione impossibile. In sottotono mi aveva accennato la possibilità di prendere la nave per Tunisi. Io non ci ho pensato su due volte e da quella che pareva una maledizione s’è dimostrata una vera benedizione. Ero già preso dalla solita gioia di mettermi in cammino, con la consapevolezza che nessuno mi potrà raggiungere, che non sono prenotato o aspettato da nessuna parte, che non ho impegni tranne quelli creati dal caso. Adoro questo mescolarmi a una folla, questo diventare un viaggiatore qualsiasi, libero dal proprio ruolo, dall’immagine di uno che ha di sé e che è a volte una gabbia stretta quanto quella del corpo. Le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura. Il viaggiare in nave mi ha ridato il senso della vastità del mondo e soprattutto mi ha fatto riscoprire un’umanità, quella dei più, quella di cui uno, a forza di volare, dimentica quasi l’esistenza: l’umanità che si sposta carica di pacchi e di bambini, quella cui gli aerei e tutto il resto passano in ogni senso sopra la testa. Adoro viaggiare così. Viaggiare è un’arte. Bisogna praticarla con comodo, con passione, con amore. Mi resi conto che, a forza di viaggiare in aereo, quell’arte l’avevo disimparata. E pensare che è l’unica cui tengo! Ero felice. Ero solo e trovavo la solitudine una magnifica compagna.
Lunedì 23 Dicembre 2013
Alle 10.20 del mattino mentre mi accingo a sistemare il mio piccolo zaino della overland ricevo un messaggio dalla compagnia Grandi Navi Veloci e penso tra me e me: ‘’ Uh guarda che bravi mi ricordano che oggi ho una nave da prendere’’ invece appena lo apro leggo:
‘’GNV INFORMA: causa condimeteo avverse la partenza Genova-Tunisi di oggi 23/12/13 prevista ore 20:00 è stata posticipata alle ore 23:59. Mauvaises conditions meteo Genes-Tunis d’aujourd’hui 23/12/13 prevu à 20:00 heures partirà à 23:59 heures. Because of bad weather conditions departure from Genova to Tunis today 23/12/13 scheduled at 20:00 hrs. Has been postponed at 23:59 hrs.’’
Aveva ragione il mio amico dell’agenzia di viaggio che in estate può essere bello, stile crociera, ma in inverno col mare mosso è tutto un’altra cosa, comunque il mio programma non cambia e parto col treno regionale allo stesso orario previsto dopo mangiato. Arrivo a Genova nel pomeriggio invece non piove e ci sono 15 gradi. Ne approfitto per visitare la città con i suoi piccoli carruggi illuminati con gli addobbi natalizi e addirittura in una viuzza principale hanno steso un tappeto rosso per invogliare i passanti a comprare i regali. Ci sono tantissime famiglie con i loro bambini passeggiare allegramente tra un carruggio all’altro, con le varie borse firmate in mano e con mio stupore di fianco a facili donne nere che nel loro modo sono in vendita come tutti i prodotti in mezzo alla folla come se niente fosse.
Alle 21 sono seduto tranquillamente nella sala d’attesa del porto, esattamente al mio imbarco e mentre aspetto con pazienza, la barba incolta, il kefiah e il pakol, il copricapo afghano hanno già fatto effetto. Un signore tunisino mi passa di fronte e camminando mi saluta appoggiandosi la mano sul cuore, contraccambio con lo stesso gesto ed un sorriso. Incredibile sono già entrato nella parte che amo di più del viaggio, confondermi con la popolazione del posto. Questo mi rende molto orgoglioso e mi dà una gioia enorme, per me il viaggio può concludersi qui, sono già soddisfatto.
Ci imbarchiamo alle 23. Prima hanno dovuto scaricare per la precisione 22 container, sicuramente ci saranno stati le vettovaglie, lenzuola, coperte ecc. Molto abili gli autisti sulle loro motrici a portarli fuori per poi spostarli in retro in una velocità sostenuta infilandoli uno affianco all’altro in una precisione al millimetro.
Sono in cabina con Anin un ragazzo giovane tunisino di 17 anni, vive a Reggio Emilia, un signore tunisino ben istruito da Brescia, il quale appena è entrato mi parlava in arabo, solo in un secondo momento il ragazzo gli ha dovuto dire che sono italiano. Con lui ho discusso inevitabilmente della politica italiana e tunisina. Ben Alì mi raccontano che si è rifugiato in Arabia e poi discutiamo anche di politica internazionale fino a Mussolini conquistatore di Libia, Eritrea e Cecoslovacchia. Ora è disoccupato perché la ditta di metalmeccanica è fallita, vorrebbe tornare per sempre a casa in Tunisia, ma ormai i figli sono cresciuti in Italia e si trovano, nonostante tutto, molto bene. Arriva l’annuncio che la nave partirà alle 1:30 di notte. Mi addormento poco dopo con la nave ancora in porto.
Martedì 24 Dicembre 2013
Vigilia di Natale.
Oh cazzo dal cellulare mi suona la sveglia del lavoro delle 6:30, meno male che riesco a stopparla subito senza disturbare nessuno. Ora che mi ricordo mi è successo anche ieri a casa, è ora di disattivarla … sono in vacanza!
Ho dormito veramente bene. Il movimento della nave non si sente neanche un po’ eppure prima appena ho aperto gli occhi alle 5:10 la nave viaggiava velocemente a 37km/h. La nave fu una vera gioia: una grande, bella nave, le cabine con gli oblò, un ristorante, una mensa, una sala da ballo, due bar, una moschea e una chiesa; una nave come una piccola città da esplorare, in cui camminare da cima a fondo, salire da un ponte all’altro, stare a un parapetto a guardare l’orizzonte o a cercare, fra i passeggeri, la faccia interessante di uno con cui si ha voglia di parlare. Evviva le navi! Con il loro ansimare, scuotere, sospirare; con il loro gioire delle carezze delle onde, con il loro godere nell’amplesso del mare, le navi sono a misura d’uomo. Usiamole per far felici gli ultimi romantici.
Alle 7:20 esco sul ponte per immortalare la mia prima alba in mezzo al mare. Il cielo si animava di enormi nuvole grigie, appena orlate da un tenue rosso, e una piccola stella solitaria perdeva lentamente la sua lucentezza. Ci sono delle nuvole molto basse che impediscono al sole di salutarci in modo diretto, si intravedono i suoi raggi colpirle, alle nere nubi cariche di pioggia lentamente le colora di rosa, fino a riuscire a superarle ed a mostrarsi per tutta la sua bellezza e calore bagnando le onde con il suo raggio di luce. Sul lato ovest della nave si può intravedere la costa della Corsica, il segnale Tim ha lasciato posto al segnale personale della nave nor26. Dopo il sorgere del sole, sulle coste francesi riesco a vedere in lontananza una striscia sottile di un colore turchese molto forte … non sarà mica il mio primo miraggio.
Torno in cabina e mi apre il mio nuovo ‘’inquilino’’, ora siamo al completo, tre tunisini ed io l’unico italiano. Ieri sera all’imbarco delle auto ho notato due camion da rally, sono italiani che attraversano la Tunisia tappezzati di sponsor. Gli altri passeggeri hanno invaso tutte le poltrone possibili pure nella sala conferenza e nel cinema. Inevitabilmente con Mustafa, il ‘’bresciano’’ esce il discorso sulla religione, lui ha iniziato quasi scusandosi perché il vero Islam è pace e amore, non sa che con me trova un portone aperto, a me piace parlare di teologia e ci confrontiamo sulle nostre idee con il massimo rispetto. Mustafa continua a dirmi gli esempi scritti nei Sutra e sempre più combaciano con la filosofia indiana, aumentando in me la più viva convinzione che tutte le altre religioni, hanno preso spunto sui Veda e gli insegnamenti basilari si sono tramandati da religione a religione, cambiata solo per le circostanze di tempo e luogo. Mi racconta che anche l’Islam pensa che è solo il corpo a morire, ma invece della trasmigrazione dell’anima da un corpo all’altro, l’Islam sostiene che l’anima rimane in attesa del giudizio universale, gli racconto che è la stessa cosa, che dopo il giudizio riprenderà il suo corso a causa delle azioni passate, ma qui si chiude nei suoi ragionamenti. Ho pranzato con lui alla mensa 26€ solo per un primo, verdure cotte, tre fette di emmenthal, un mandarancio e una bottiglietta d’acqua ad un certo punto lo speaker annuncia che si possono andare a ritirare i moduli per il rimborso a causa del ritardo e stasera cena gratis per tutti i passeggeri. Scopro sul modulo che la nave è partita alle 2.48 di notte! Incontro tre signori italiani che discutono sul rimborso, gli faccio notare che non ci rimborsano il 50% come aveva detto l’annuncio in francese, ma solo il 25%, infatti l’annuncio in italiano non ha mai nominato il 50%, piccola politica per tenersi buoni i tunisini. Alla fine non rimborserà nessuno perché per condizioni avverse non c’è rimborso perché è una causa naturale. Parlando con gli italiani scopro che sono i proprietari dei camion da rally, li chiamo piloti in pensione, il più giovane si incazza col sorriso sulle labbra, ma veramente erano dei professionisti, scendono giù fino al El Bourma con i loro camion e il permesso speciale. Intanto la nave continua il suo tragitto, è tornato il segnale della Tim, infatti stiamo costeggiando la Sardegna, mentre in mezzo al mare non c’è nessuna linea. Sul ponte c’è un vento molto forte, ma per fortuna il mare è calmo, c’è il sole e non fa freddo. Ne approfitto per stendere il mio primo bucato legando le calze al corrimano, con questo vento si asciugheranno in un attimo.
Il traghetto continua la rotta verso sud, ad ovest il sole è pronto a tuffarsi nella sua piscina privata se non prima di nascondersi e giocare dietro le nuvole sarde mentre a nord inizia ad imbrunire molto più velocemente. A 360 gradi c’è solo mare dalla prua a poppa una linea orizzontale che percorre la visuale dei tuoi occhi all’infinito, giro lo sguardo a 180 gradi e vedo solo mare,solo la grandezza della nave mi impedisce di vedere il giro completo, ma si percepisce che questa linea non è piatta e riesci a vedere la sfericità della Terra.
Uno dei grandi piaceri della nave era questo aver tempo per lasciare la mente arzigogolare con i pensieri. Quella di prendersi del tempo è una cura semplice per i mali dell’anima, ma che nessuno sembra permettersi facilmente. Mi accorgo che difficilmente abbiamo 24 ore solo per noi stessi, tutti i giorni dobbiamo dividere il nostro tempo al lavoro, a casa o con gli amici per esempio ed averlo tutto per sé egoisticamente è una cosa ormai rarissima -anche se poi qui con i tuoi compagni di cabina lo dividi lo stesso- quindi perfino qua ti devi trovare il tuo spazio personale, ma è una cosa voluta da te, senza obbligazioni, sei semplicemente te stesso non hai il peso di stare per forza in compagnia, solo in tal caso in cui hai voglia di nuove conoscenze, di scoprire, di sapere. Quando si viaggia da solo conoscere nuova gente è un meccanismo che scatta quasi in automatico e come se fosse una cosa naturale dopo un po’ avere anche una minima comunicazione, non siamo abituati a rimanere totalmente in silenzio nemmeno per poche ore. Persino mentre medito i pensieri sono talmente vogliosi di raccontare perché hanno il tempo libero, senza problemi e pensi ai tuoi desideri, la materia è così forte che a volte vince anche sulla spiritualità, sulla meditazione. Questo mio desiderio è la passione per lo scrivere, ma è sempre una gratificazione dei sensi materiali, la pura virtù è non cadere mai ai desideri per non farsi influenzare e legarsi alla materia. Non sei più te stesso, il vero sé, ma sei condizionato dai piaceri materiali.
Dopo cena m’ero messo a poppa, con lo sguardo perso nell’infinità del cielo, ero distratto solo dai pensieri che giocavano a rincorrersi e stavo trovando il piacere di viaggiare. Avevo agio per mettere ordine nelle mie impressioni, per riflettere. Avevo tempo e silenzio: qualcosa di così necessario, di così naturale, ma ormai diventato un lusso che soli pochissimi riescono a permettersi. Finalmente avevo tempo per avere tempo. Ore 10 di sera. Si inizia a sentire la nave muoversi leggermente dandoti quel senso di dondolare, anzi barcollo proprio.
Nella sala conferenze ci sono due televisori e classico della vigilia di Natale su italia1 trasmettono “Una poltrona per due” ormai è un appuntamento fisso non hanno mai saltato un anno, è incredibile appena sono entrato già da lontano mi ero accorto del grande Eddie Murphy.
La nave continuava, sicura, il suo palpitante viaggio nell’oscurità. A forza di guardare il cielo e di respirare a pieni polmoni l’aria fresca della notte, mi pareva di riempirmi di stelle. La notte, l’atmosfera della nave, e di nuovo quell’essere completamente fuori del solito mondo, mi avevano rimesso addosso quell’esilarante senso di libertà che è la mia droga.
NATALE
La nave per fortuna invece di arrivare all’una di notte attracca alle 4:30 e alle 5 lo speaker annuncia che i passeggeri senza veicoli possono iniziare a sbarcare. Sono molto emozionato per la prima volta metterò piede in terra africana, non vedo l’ora di affrontare questo viaggio con la massima curiosità e attenzione dei minimi particolari. Al porto cambio 280€ x 2,2380= 626,640 dinari tunisini. Arrivo alla stazione dei treni di Tunisi sud con un taxi per 6dt. Acquisto un biglietto del primo treno in direzione sud, parte alle ore 8 per Sfax per quasi 18dt. Se volete c’è un diretto solo per Tataouine alle 10 di sera, ma la cassiera mi ha consigliato di arrivarci in louage (taxi collettivo, un minivan da 8 posti) da Sfax, secondo lei per le 2pm dovrei essere lì. Si continua sempre verso sud senza mai fermarsi, è da Genova che la bussola punta solo questo segno cardinale. Il treno è pulito e sono comodamente seduto su una poltrona vicino al finestrino, sono solo due poltrone e in mezzo il corridoio. Ai lati della ferrovia, a parte le classiche case bianche basse a terrazzo c’è un’infinità di ulivi e di piante di fichi d’india.
Ore 11 SFAX.
Arrivo puntuale c’è un cielo limpido, ma purtroppo anche molto traffico, all’uscita della stazione è un ingorgo unico.
Sfax è la città più prosperosa della Tunisia, la città più ricca e nelle saline di Sfax nel periodo invernale ci sono numerosissime popolazioni di fenicotteri, rare spatole e una gran varietà di aironi, egrette, gabbiani e sterne. L’industria alimentare di Sfax garantisce all’economia tunisina una delle principali entrate. Ma l’industria della pesca non è l’unica che funziona a Sfax. Ce n’è un’altra, più discreta e segreta, che gira intorno a questi pescherecci. Così da capitale della pesca e dell’economia tunisina, Sfax è prima anche nella vendita di pescherecci usati. Senza di loro Lampedusa non sarebbe Lampedusa. L’Europa xenofoba non avrebbe argomenti per la sua propaganda xenofoba. E forse gli imprenditori europei avrebbero richiesto ai governi di concedere più visti di ingresso agli stranieri: almeno quel tanto per mantenere aperti fabbriche e cantieri svuotati dal crollo demografico. A quasi 40km più a sud c’è una spiaggia sabbiosa molto piacevole, Chaffar. Tutta l’Africa conosce Chaffar. Perché Chaffar da sempre è la piana da cui partono le barche per l’Europa. Se sono tunisini pagano seicentocinquanta euro. Settecento i marocchini. Ottocento o mille gli africani. Quando si arriva in treno si scende all’estremità orientale della città, che è ancora in centro. La stazione dei louages non è lontana, basta proseguire sempre dritto sul viale principale Avenue Bourguiba, poi seguite la strada che curva leggermente a destra, prima c’è la stazione dei bus Soretras e dopo 200mt c’è la stazione dei piccoli furgoni. Io scelgo quello che va verso Tataouine. Il viaggio è lungo quindi mi sono seduto in fondo sul lato del portellone così ho la possibilità di stendere le gambe, perché non ci sono sedili davanti, neanche quello reclinabile. Dietro l’autista ci sono solo due file da due posti. Se ho tempo ci tornerò per andare sulle isole Kerkennah visto che fa caldo, mi sono tolto anche la giacca a vento. Per fortuna il louages si riempie in fretta e alle 12 siamo in partenza, sempre verso più a sud. Si continua a seguire un’unica direzione sempre più giù senza sosta. Il disegno degli archi arabi mi piacciono molto sembra che formi un fiore di loto.
Dagli ultimi miei due viaggi sono passato dagli ideogrammi cinesi, al cirillico in Ucraina fino all’arabo in Tunisia.
Sul louage ci sono due donne una con il velo e l’altra no, l’ultima continua a parlare al telefonino ininterrottamente.
Circolano dei motorini vecchissimi, i più nuovi sono il ciao e il sì della Piaggio. Per non parlare delle macchine, una Renault vecchissima la pagano anche fino a duemila euro, quando da noi le buttano o le acquistano i rumeni e i bulgari.
La gente è tranquilla. Ho chiesto prima un informazione ad un ragazzo gentilissimo il quale mi ha spiegato la strada in francese, non ho capito una mazza, ma la via era giusta. Peccato che non so parlare il francese, ma finora l’ho usato per le informazioni basi, però ho notato che tra di loro parlano arabo, quindi tanto vale che mi esprimo in arabo anch’io. La linea piatta si assottiglia sempre di più, via anche le colline che si innalzavano da Tunisi, ma un’unica linea in confinata con le solite distese di ulivi, fichi d’india e palme. La strada è nuova, molto scorrevole, ma finisce troppo in fretta. Ai lati della strada ci sono dei benzinai improvvisati semplicemente con delle taniche e una canna con l’imbuto. Mi raccontavano i rallisti sulla nave di cui gli è capitato di fare il pieno al camion, cinque litri alla volta, quasi una notte intera, mentre in Arabia il benzinaio con la sigaretta in bocca da un’auto all’altra neanche posava l’erogatore facendo cadere la benzina per terra senza nessun problema.
Prima dell’entrata di Gabes ci sono dei ristoranti sulla strada con i tavolini sotto una tettoia di paglia con appesi i montoni a testa in giù interi o macellati in un sacco di plastica trasparente con la griglia in un angolo. Alle 2 l’autista si ferma per mangiare in un ristorante coperto, meno male perché fuori c’è un vento abbastanza forte. Ne approfitto e mangio un’insalata di pomodori, capperi e olive verdi, una baguette e in più mi servono un piatto di patatine fritte con le olive nere con un bicchiere di tè per 8,5dt. Pensavo di spendere meno, ma molto buono il cibo, mentre il tè ha un gusto nuovo per me, è quasi amarognolo. Ho dovuto mangiare di corsa perché non volevo essere l’ultimo e far sì che gli atri mi aspettassero. Anche se alla fine sono salito sul furgone dopo di tutti. Sì ma subito dopo che l’autista ha finito il suo bicchiere di tè. Non volevo neanche fermarmi a mangiare, ma quando ho visto che quasi tutti si erano accomodati a tavola e l’autista mi ha fatto segno di sedermi a mangiare, non ho potuto rifiutare. E’ anche il mio primo pasto in Tunisia e un po’ di appetito ce l’avevo. Ora ho la bocca impastata di cipolle.
Ore 4:45 pm arrivo a Tataouine, nel deserto sassoso. Di tutta la Tunisia il sud, che si insinua fra la Libia e l’Algeria, è da secoli la zona più emozionante e remota. Nel medioevo i viaggiatori arabi evitavano questa regione perché le tribù che le abitavano erano tristemente note per la loro anarchia e per la pratica del banditismo. Tataouine è la base principale per visitare i famosi ksour, i granai fortificati. Tataouine ha dato il nome al pianeta patria di Guerre stellari, che è stato per buona parte girato nel sud della Tunisia. Dalla stazione dei louage mi dirigo in centro a piedi, è semplicissimo basta continuare ad andare ancora verso sud.
Incontro un ragazzo sulla strada, è molto cordiale e faccio amicizia velocemente, peccato parla solo francese. Vuole aiutarmi a pernottare, ma al primo hotel che incontro mi fermo e ci salutiamo. Pernotto all’albergo Jawhara con bagno 15dt, si trova alle porte di Tataouine, praticamente all’inizio della via principale Avenue Bourguiba, il primo presidente della Tunisia, cioè prima di Ben Alì. Vicino all’albergo c’è un internet cafè, lo gestisce una ragazza bellissima con un velo nero in testa mi dice che sono tutti occupati, infatti mi giro attorno alla sala e sono tutti impegnati a testa china, ma la sua bellezza mi impietrisce e rimango fermo a guardarla, ha due occhi favolosi. Solo dopo un po’ mi riprendo, la ringrazio e la saluto. Mamma mia che figa! Mi sono fermato in questa piccola città perché domani (Giovedi e Lunedì) è il giorno del souk, il mercato. E’ molto pittoresco con la gente delle tribù che arriva da villaggi e accampamenti nomadi lontani per far rifornimento di merci e le caricano sui dromedari per poi rivenderli alla gente delle comunità più remote. Ci sono tantissimi caffè (bar), ma sono solo uomini, bevono il tè o il caffè, giocano a carte, a domino, fumano nella chicha (narghilè) e guardano con tanto piacere la premier league tutto il giorno. Grazie alla mappa della Rough guide trovo un altro internet cafè, vorrei leggere la mia posta elettronica, ma la tastiera ha i caratteri spostati così sbadatamente sbaglio la mia password più volte e alla fine hotmail mi avvisa di spedirgli un sms per un codice nuovo, mi era già capitato, quindi per ora niente posta. Mi fermo a mangiare un chapati con insalata, formaggio, olive nere, prezzemolo e patatine fritte a 0.7dt. Mi dà fastidio che non so il francese, purtroppo non c’è una vera e propria comunicazione. Loro conoscono poco l’inglese, ma mi fanno accomodare su degli sgabelli giù dal marciapiede. Qui gli uomini indossano il burnus un lungo mantello marrone in lana o in pelo di cammello con cappuccio, mentre quello chiuso al petto si chiama kashabya.
Incuriosito ho voluto assaggiare i famosi dolci di Tataouine, una vera e propria specialità della città, il kab el ghezzal o corne de gazelle, un corno di pasta sfoglia dolce ripieno di miele e noci. Mi ha assicurato che non c’è l’uovo, uhm da verificare meglio perché quando gli ho chiesto degli altri dolci simili di fianco, mi ha risposto di sì (infatti in alcune ricette c’è l’albume e in altre no) mi fido e devo dire che sono veramente buoni, ma molto appiccicosi.
Giovedì 26 Dicembre Santo Stefano
Prima notte in Tunisia. Sul listino prezzi dell’albergo, Il prezzo a persona sarebbe 10dt. e la doppia costa 20dt, ma non hanno una camera single e siccome è per due mi chiede 15dt, facendomi lo sconto. Non sto lì a menargliela, ma mi sa tanto di fregatura. Ho una camera molto spaziosa con quattro letti, perché la prima che ho visto, la doppia, tirando l’acqua del bagno glielo guasto e mi sposta in questa stanza quadrupla senza problemi. Il guaio è che non ci sono i riscaldamenti, non fa freddissimo, ma c’è molta umidità e dormo con quattro coperte. Me ne sono accorto stamattina alle 4:00 iniziando a fare yoga, avevo le spalle infreddolite e quasi bagnate. Alle 5:25 il muezzin chiama i fedeli alla preghiera e subito dopo trenta secondi suona la mia sveglia al cellulare con il mantra Samsara Davanala Lidha Loka, la preghiera al maestro spirituale, wow sembra quasi fatto apposta, una coincidenza incredibile è proprio l’orario giusto ed universale per Dio in tutto il mondo. Alle 8:30 ho già organizzato il tour per il deserto, ora aspetto il permesso del commissario per accedere al grande sud nella zona militare. Ci vogliono dai tre ai quattro giorni o se no vi potete accontentare di andare a Ksar Ghilane, invece io voglio arrivare fino a El Borma, nel fantastico paesaggio del Sahara e soprattutto le gigantesche dune di sabbia del Grande Erg Orientale sahariano, un vasto deserto sabbioso di dune imponenti, che occupa tutta la parte occidentale della punta più meridionale della Tunisia, insieme alla possibilità di osservare la fauna selvatica, come la timida gazzella, in piena zona militare. Alle 9:00 sono in posta per spedire le cartoline di cui mi piace ancora fare, sottolineando l’emozioni del momento e specialmente per il padre del mio caro amico collezionista di francobolli. Ormai è un appuntamento fisso, mi piace vederlo contento al mio ritorno, è una cosa che mi gratifica moltissimo. Avevo davanti a me settanta persone, ma nel giro di un’ora avevo già concluso tutto, in Italia non sarebbero bastate tre ore. Qui a Tataouine sono tutte velate, c’è un enorme differenza con il nord della Tunisia. Mi sono fermato a bere un tè, ma era finito e un ventisettenne tunisino vissuto a Genova mi ha offerto un caffè, mi ha invitato al tavolo da un suo amico, lavora saltuariamente nei pozzi petroliferi del grande sud. Ha lavorato oltre che in Italia anche in Francia e in Belgio, ma per lui c’è troppo stress ed è tornato indietro. Mi ha fatto pure vedere la carta di rifugiato consegnatogli dal governo francese. Finalmente ho trovato il barbiere in mezzo al mercato, era sommerso dietro le bancarelle della frutta e verdura. Un ottimo servizio con shampoo e un rilassante massaggio alla testa, alle tempie e alle spalle per solo 5dt, ma col cuore e molto soddisfatto gliene do 10dt. lasciandogli la mancia. Come al solito anche qui mi fanno passare per primo, il mio vicino aspetta l’altro barbiere, chissà come mai a me tocca sempre l’altro, ma è bravissimo lo stesso con una cura eccezionale per il cliente. Qui ci sono ancora i ragazzini i quali lavorano per loro, pulendo i pettini, ordinando e scopando per terra. Non voglio neanche immaginare per quanti soldi al mese, sempre se li pagano in denaro.
Mi trovo bene in mezzo alla gente, è molto più interessante di visitare i ksour, anche se meritano veramente una visita. Stando con il popolo riesco ad entrare direttamente nella loro cultura. Quando il barbiere accende lo stereo, la musica mi ricorda un melodramma napoletano. Il macellaio per distinguersi ha una testa mozzata di cammello su una struttura di ferro in mezzo alla strada tra gli ortaggi, fa un certo effetto, mi vien quasi da vomitare. Il ragazzo dell’insalata urla e incita i passanti ad acquistare e devo dire che ci sa fare, non ha un momento di relax, è un continuo imbustare. Gli uomini passeggiano con due enormi tappeti da vendere appoggiati alle spalle. I datteri sono buonissimi, li vendono direttamente a ramoscelli, niente a che vedere con i datteri unti e appiccicosi dei nostri supermercati. Compro un chilo per neanche 5dt. Dato che ho dei giorni liberi, in attesa del permesso dal commissariato, mi avvio alla stazione dei louage del centro, ma non ho ancora deciso quale ksour visitare. Cosa c’è di meglio se non sorseggiare un buon tè e studiare la guida in santa pace tra i tunisini, curiosando tra le loro abitudini. Anche qui non hanno il tè allora ordino una cioccolata, semplicemente un bicchiere di latte caldo mischiato con l’ovaltine. Prima il caffè me lo hanno servito incastrando le due zollette di zucchero all’estremità in alto del bicchiere, molto originale. Un gruppo di fianco a me incuriositi si sono presentati con le classiche domande e uno studente di matematica di diciannove anni Mostfa mi ha chiesto quali ksour volessi visitare indicandomi due siti vicino. Gli ho domandato quanto volesse, lui mi ha solo risposto i prezzi dei louage. In totale neanche 3dt e gentilmente si offre disponibile di portarmi quando ne ho voglia. Accetto e partiamo col primo louage al Ksar Ouled Debbab per 1dt. La mia prima visita a queste invenzioni ingegneristiche antiche. Mostfa abita lì vicino e prima di visitare lo ksour, mi invita ad andare a trovare i suoi amici che stanno lavorando per la sua nuova casa. Bellissima con decorazioni artistiche di anfore in cemento alle pareti e piccoli vasellami sui muretti, ma troviamo solo la televisione accesa con nessuno dentro. E’ in costruzione, il più è finito, ma per ora c’è solo un tavolo e delle poltrone. I suoi amici sono in pausa pranzo, così ci incamminiamo sopra la collina dove c’è il ksour. Ksar Ouled Debbab è stato appena restaurato, ma c’è una parte ancora in origine.
Giriamo attorno, ci addentriamo, perde un po’ di tempo anche nelle vicinanze facendomi visitare una nuova costruzione del governo, arrampicandoci sopra una collina e nella valle c’è una megacostruzione per raggruppare l’acqua piovana, peccato che non fa nessuno effetto, anzi … Ho già capito che non andremo al suggestivo ksar Ouled Soultane (insieme a quello di Ezzahra) uno dei ksour meglio conservati del sud, molto più distante, ma lui non sa che a me piace la compagnia e non le cose materiali, lo seguo senza nessun problema al suo gioco. Mi racconta di quanto sia difficile studiare la matematica e che dopo l’ultimo anno di studio vorrebbe continuare a studiare a Parigi, ma la sua unica opportunità di lasciare il suo paese è sposarsi una straniera. Nel frattempo torniamo alla casa in costruzione dai suoi amici, i due lavoratori sono in pausa o vista l’ora in merenda. Mi presenta ad un signore e ad un ragazzo, mi offrono da mangiare, almeno è rimasto solo del sugo da far la scarpetta. Mostfa sa che sono vegetariano, così mangio solo un pezzo di buonissima baguette con un bicchiere dell’immancabile tè. Il signore lo versa nel classico metodo berbero, parte dal basso vicino al bicchiere fino ad alzarsi sempre di più salendo e scendendo più volte. Ah che gioia infinita, altro che la visita al Ksour. Mostfa non so se scherza, ma difende i guerrafondai americani, mentre il signore più anziano mi dà ragione quando gli dico che i veri terroristi sono proprio gli statunitensi. Purtroppo loro devono riprendere a lavorare. Mostfa mi invita a casa sua lì vicino, mi presenta il suo fratellino dicendogli di salutarmi con un bacio sulla guancia; com’è tenero e affettuoso e con massimo rispetto e umiltà mi si avvicina salutandomi, mentre alla sorellina gli ordina di portarmi un bicchiere d’acqua fresca, ma è Mostfa a porgermelo, la sorellina non entra nella stanza, ci ha solo aperto la porta di casa all’inizio. Mostfa insiste perché rimanga a dormire ed è una cosa eccezionale, il sogno del presentatore francese, ma a dire la verità per me sarebbe troppo pesante passare altre ore insieme, non me la sento, mi sembra di approfittarne troppo della sua generosità, anche se il gesto è spontaneo e nasce dal suo cuore. Non è così semplice, ho bisogno dei miei spazi e poi devo andare a ritirare il passaporto all’agenzia così mi accompagna al louage fermo per Tataouine e ci salutiamo cordialmente. Lui si è offerto di accompagnarmi domani a vedere Ksar Ouled Soltane. Non ha voluto niente, almeno non me l’ha chiesto ed io un po’ ci ho pensato su, ma alla fine ho preferito non dargli nessuna mancia. Non so bene ancora perché, ma forse ho fatto bene o se no avrei rovinato il tutto e si potrebbe creare in lui una consuetudine nell’affrontare i turisti, mi son semplicemente limitato a pagare il trasporto, neanche 2dt. Torno in agenzia e purtroppo brutte notizie, come si prevedeva il permesso per visitare El Borma, perché la legge parla chiaro, bisogna essere minimo 15 persone e non meno di 4 jeep e una guardia militare d’accompagnamento e da solo con l’agenzia è praticamente impossibile. Tarik, l’agente di viaggio è sincero e mi sprona di andare direttamente al commissariato a spiegare la mia situazione parlando direttamente con Mr. Yasin. Non perdo tempo e volo al commissariato. Appena entro nel suo ufficio, con la massima discrezione gli espongo il mio tour. Egli è già a conoscenza di tutto tramite l’agenzia, ma purtroppo non ci può fare niente, mostrandomi i documenti (di cui già conosco, me li aveva già fatti vedere l’ufficio turistico la prima volta) indicando chiaramente che nell’area sud meno di quattro fuoristrada non possono andarci. Non voglio essere insistente e pesante, ma se Tarik mi ha detto di venire direttamente forse penso che ci sia una speranza, un super permesso speciale, invece mi racconta che anche i gruppi non possono arrivare proprio fino a El Borma, ma sono obbligati a fermarsi a 10km prima. E’ zona militare ed è assolutamente vietato. Tutte queste città del sud della Tunisia sono zone militari per esempio a Borj Bourguiba c’è una prigione e un presidio militare, mentre El Borma, Tiamet fino all’estremo sud alla punta tra la Libia e l’Algeria a Borj El khadra sono tutti pozzi petroliferi. Mr. Yasin il massimo che può concedermi è la zona limitrofa di Remada a Kambout, Ksar Brega Kebira e Ksar Brega Sghira, per poi risalire a Ksar Ghilane, ma già a Matous è impossibile, ovviamente sempre senza gruppo ufficializzato. Questo fatto del gruppo non l’ho capita. Ho provato a chiederglielo, ma nelle sue risposte è stato troppo vago. Gli ho chiesto spiegazioni e ho ipotizzato a lui perché da solo fossi stato una preda troppo facile da attaccare, ma lui pensa che non sia questo il motivo, ho continuato: “è pericoloso?”. Mi ha risposto di no, dicendomi: ”ma cosa ci fa un ragazzo da solo non è possibile,è più bello in tanti.” Sono rimasto basito, insomma si arrampicava sugli specchi e non ne capisco bene il motivo … non sono mica una spia! O semplicemente perché la guida militare armata non si vuole sbattere per una persona sola o forse perché in tanti c’è un guadagno maggiore da non poter proprio rifiutare. Questo rimane un mistero, colpa sempre di queste cazzo di guerre e del suo dannato oro nero. Figa tornerei da Mr. Yasin in 15 l’anno prossimo, voglio vedere che faccia fa! Addirittura mi ha detto che se un giorno davvero riesco a organizzare questa beneamata spedizione, alla fine anch’io arriverei alla conclusione che i posti migliori sono intorno a Ksar Ghilane … non ha capito un cazzo che i posti turistici non sono per noi viaggiatori.
A dir la verità anche i rallisti mi han detto che qui ci sono solo oleodotti in mezzo al nulla. Mi sono posto mille domande perché 15 sì e uno solo no. Mr. Yasin sostiene che anche se fossi in 15 , il permesso arriverà sempre non in tempi brevi … che avranno qualcosa da nascondere in tempo? O davvero ha paura che mi faccia saltare in area al primo pozzo petrolifero vedendomi addobbato da afghano? … Scherzo … Ah a proposito di Afghanistan, la sera in pizzeria noto un ragazzo alto e imponente ordinare al bancone. Indossa il classico mantello berbero, ora non so dire quale dei due perché da dietro non ci ho fatto caso, comunque ora che lo guardo, seduto dal mio tavolo, sembra davvero uscito dal film di guerre stellari, come ben sapete nei vari ksar sono stati girati gli episodi di Star Wars, infatti il pianeta deserto Tatooine prende il nome dalla città di Tataouine. Sarà la sua stazza, ma in un primo momento mi è venuto in mente il film, anche se io non ho mai visto neanche un episodio, e non lo guarderò mai, non so dirvi nemmeno un nome dei personaggi, però mi ha colpito, forse il cappuccio e la sua triangolarità che gli si forma sulla testa. Figuratevi che forza ha questo film, nel farmi pensare a me di vedere un personaggio di guerre stellari di cui non me ne ha mai potuto fregar di niente, invece di pensare a un classico costume tradizionale berbero. Mentre mi alzo dal tavolo, lui si siede e l’amico ancora in corridoio mi incrocia, toccandomi il pakol , il copricapo Pasthum, dicendomi qualcosa sul cappello, ma non capisco al volo. Poi intuisco e gli racconto che anche la Kafiah arrivano dall’Afghanistan. L’uomo “stellare” mi guarda negli occhi serio e in un perfetto inglese mi dice che gli afghani sono i migliori e che conosce molto bene i miei indumenti che indosso, mi chiede se sono stato in Afghanistan e gli racconto che me li ha regalati un mio caro amico che lavora in un orfanotrofio a Herat e a Kabul, lui annuisce e abbassa lo sguardo serio e inizia a mangiare. Gli auguro buon appetito e col massimo rispetto li lascio mangiare in pace salutandoli: ” As Salama”.
Poi in mente mi sono chiesto come mai un ragazzo così imponente, tutto d’un pezzo, conoscesse bene l’Afghanistan.
Sono molto contento e fiero che qualcuno se ne sia accorto. Grazie Alberto!
Non è che esprimono timore, assolutamente no, ma ho un certo particolare rispetto per i musulmani, anche a Istanbul, non so perché mi danno un senso forte di dignità. Prima per esempio non ho neanche voluto chiedere lo specchio al barbiere per voler controllare dietro alla nuca, esprimono fiducia, sapevo che aveva fatto un buon lavoro, ma appena sono tornato in albergo ho chiesto al ragazzo alla reception un piccolo specchio, quando ha iniziato a bussare a una porta mi è venuto in mente che bastava mi scattasse una foto da dietro, senza dover disturbare nessuno. Infatti il barbiere è stato bravissimo scalandomeli bene senza che si capisce che in alto sono pelato, con la rasatura perfetta, tranne la squadratura dietro tagliandomi via le tre punte WV , peccato.
Anche i più giovani sono molto orgogliosi, difatti Mostfa mi raccontava che l’islam is the best. Oh che palle anche Mustafa sulla nave voleva a tutti i costi convertirmi, anche se rispettava tutte le altre religioni, ma poi continuava a dirmi che la loro era la verità assoluta. Penso all’indiano del Kerala conosciuto in Cina, anche lui era molto convinto … e cosa gli avranno mai insegnato … Tra l’altro tutti gli esempi dei Sutra combaciano con i Veda quindi … però io ho avuto sempre l’umiltà di ascoltarli.
Non vedo l’ora di fare il tour nel deserto. Con la guida oggi ho pattuito da Tataouine fino a Remada per poi visitare nella zona militare Kambout, ksar Brega Sghira e dormire a Ksar Brega Kebira dove c’è un fantastico tramonto. Questi ultimi due sono paesini abbandonati con una stravagante leggenda della tribù nomade locale araba, i Traifa. A Ksar Brega Kebira c’è una moschea sotterranea, simile a quella di Chenini. Partire l’indomani fino al confine algerino appena sopra la zona invalicabile di Bir Romane pernottare in tenda e congiungerci al giro classico sistemandoci per la notte a ksar Ghilane per poi ripartire per Tembain Jebil dove c’è un parco nazionale con gazzelle e antilopi, Bir El Hag Brahim fino ad arrivare a Douz. In tutto tre notti e quattro giorni per 240dt. Prezzo minimo per la spedizione, almeno ho provato a contrattare, ma niente. Ovviamente inclusi la jeep, la tenda e i viveri. A Douz li dovrei salutare e loro tornare a Tataouine da soli, mentre io proseguirei verso nord. Almeno speriamo che sia di parola e che domani o dopo domani non salti con qualche oasi in meno. Già oggi ho avuto un piccolo sospetto, così gli ho rispiegato bene l’itinerario e lui mi ha risposto che farà di tutto per accontentarmi. In casi estremi ho già in mano un’altra agenzia vicino al commissariato.
Venerdì 27 Dicembre 2013
Al mattino in camera ci sono 14 gradi, non ci sono riscaldamenti e di notte se non fosse per le coperte ghiacceresti. Oggi per fortuna c’è il sole, ma soffia un vento forte verso est, il levante. Fuori sono tutti imbacuccati nei loro burnus. Alle 9:00 sono in agenzia e Tarik mi informa che non è riuscito a trovare una jeep libera e di rivolgersi ad un’altra agenzia. Giro tutte le agenzie di Tataouine,ma sono ormai tutte chiuse, il direttore di un’agenzia addirittura si è trasferito a Tunisi. Ce n’è solo una, ma organizza solo tour dei ksar. Torno dal commissariato, come se già sapesse che l’agenzia touareg di Tarik non avesse la jeep e mi informa che anche nei dintorni non c’è nessuna agenzia disponibile. Vado a prendere il mio zainetto dell’overland in hotel e decido di andare lo stesso a Remada e poi da lì vedrò se è possibile arrivare almeno a Ksar Brega Kebira. Prima di partire con il louage voglio farmi fare un timbro o almeno prendere un biglietto da visita da Mr. Yasin per una sicurezza maggiore, ma il commissario è occupato. Un ragazzo mi fa segno di aspettare con il loro classico gesto del pollice unito alle dita con la mano all’insù. Lo fanno tutti: il ragazzo della reception, Mostfa ecc. Ha vari significati: aspetta, vieni, seguimi, praticamente lo usano per qualsiasi cosa. Dopo un po’ che aspetto decido di andar via subito alla stazione dei louage prima che sia troppo tardi. Infondo ieri è stato lui a dirmi che anche se lì inizia la zona militare, subito dopo Remada non c’è bisogno di nessun permesso. Anche lui come me ha il naso sporgente, infatti ieri i muratori, amici di Mostfa a Ksar Ouled Debbab,mi hanno detto che assomiglio a un arabo, ridendo con loro non gli ho detto perché ho la barba, ma subito avevo capito che si rivolgevano al mio naso, difatti loro si son messi giusto a ridere. Anch’io sospetto che il commissario sia un arabo messo apposta per comandare il territorio meridionale della Tunisia. Alle 11:30 il louage parte per Remada per 5dt. Nel tragitto si può ammirare il vero deserto sassoso, una linea piatta con i classici arbusti bassi, ad ovest le montagne sassose aride di un color bruno del Segdel. La strada continua sempre dritta in mezzo al nulla più totale. Il cielo è infinito con un colore azzurro intenso, ovunque giro lo sguardo non c’è una nuvola, zero neanche una piccolina. In quest’area sperduta iniziano i posti di blocco. Da sud salgono i pick up, le camionettes pieni di taniche di benzina pronti ad essere fermati dai poliziotti. Il mio vicino mi fa vedere dal suo cellulare le foto con le gazzelle, se ne trovano tante vicine al confine libico. Ore 12:30 sono a Remada praticamente ultimo paese della Tunisia visitabile senza permesso. Oltre c’è solo Dehibat al confine libico verso est a 47km da qui, mentre dopo questa linea verso sud c’è la proibita zona militare. Remada è un paesino affascinante. L’autista del louage incredulo e sorpreso della mia presenza in questo sperduto paese mi indica la via del souk, come per dire: “almeno visiti qualcosa”. C’è la voce del muezzin uscire dall’altoparlante della moschea dopo la piazza circondata da case bassissime formando un cerchio con un simbolo a forma di rombo in mezzo sollevato da una piccola rotonda. Sembra un piccolo paesino del nord del Messico. Ci sono i soliti uomini seduti sulle sedie fuori dai caffè coi loro costumi tradizionali berberi e le camionettes stracariche di taniche di benzina. Giro per il Souk, ma non è altro che un paio di negozi in fila di frutta e verdura, col classico macellaio con le teste mozzate e un gattino a fianco che tenta di avvicinarsi sempre di più a questo trepido spettacolo.
Ho acquistato mezzo chilo di arance, quelle tunisine sono classificate come delle migliori al mondo, ovviamente dopo le nostre siciliane. Quando ho tirato fuori le monete, un cliente gli ha dato 1,1dt dalla mia mano aperta, ma il negoziante onestamente mi ha ridato la moneta da 100 e in più il resto di 300 centesimi di dinaro. Per fortuna oggi è venerdì e sono tutti in festa intorno alla moschea, si possono contare sulle dita di una mano, o se no è realmente una città fantasma. Si gira comodamente a piedi, ci sono solo due piazze principali, una dove ti scarica il louage e l’altra dove lo riprendi per tornare a Tataouine. Torno alla prima piazza c’è un tabacchino dentro a un piccolo ksour lo fotografo con due camionettes ai lati pieno di taniche. Mi informo per il villaggio di Ksar Brega Kebira,ma non ci sono mezzi pubblici, gli unici sono i proprietari di queste camionette. Montpellier, non ricordo il suo nome, ma ha lavorato in Francia, mi offre la possibilità di andare a Ksar Segdel, secondo lui più accessibile. Oggi il villaggio è disabitato, arroccato su una scarpata in alto sopra una gola; da lassù si gode di una veduta stupenda. Il villaggio, sormontato da un kala’a (forte in pietra su in cima a una collina), consiste in tre livelli di abitazioni troglodite. Va bene accetto, ma prima vuole passare da casa sua. Salgo per la prima volta su una camionette, non c’è neanche lo spazio per il mio minuscolo zaino. A dir la verità sono solo apparentemente tranquillo, voglio metterlo alla prova. Mi invita nella sua umile dimora, chiede alla moglie la chiave del salone adiacente in una costruzione al lato dell’abitazione. Il pavimento è ricoperto di tappetti bellissimi, ci accomodiamo in un comodo divano e solo ora gli chiedo quanto vuole per la gita, lui mi scrive 150dt. Assolutamente no, è un prezzo fuori dalla norma. Intanto la moglie porta nel salone un piattone di pasta col sugo di carne. Sono costretto a rifiutare. Montpellier mi informa che dopo posso dormire qui, perché dopo le sei non ci sono più louage, ma il prezzo è troppo caro, al massimo gli posso offrire 20dt. Non vuole così mi riaccompagna in piazza. Dietro di noi c’è un’auto in panne, mi fa segno di aspettare, ma sono inquieto e scendo con lo zaino. Proviamo ad attaccare i cavi alla batteria e poi riprendiamo la via a mala pena asfaltata. Non fa la stessa strada e passa a bussare a un paio di porte senza ricevere nessuna risposta per poi riportarmi nel luogo del nostro primo incontro. In piazza non demordo e punto a ksar Brega Kebira. Mi raccontano che è troppo lontano e difficile da raggiungere, poi è impossibile tornare indietro prima delle sei. Verso le due, mentre sto amichevolmente parlando si avvicina un camion di militari, il caporale mi saluta e mi fa segno di avvicinarmi. Dopo le solite domande di routine mi fa salire dietro sul camion con altri due militari. Gli chiedo per quale motivo, ma lui mi indica di salire su. In quel momento Montpellier si avvicina e gli stringe la mano… figlio di puttana, me lo sentivo che non dovevo fidarmi di lui! Io sono tranquillo. Mi portano in caserma militare, tra l’altro quella dietro al tabacchino in piazza. Gli consegno passaporto, carta d’identità, la macchina fotografica e il tour con le città da visitare pattuite con l’agenzia di Tataouine, senza farlo apposta sono segnate proprio dietro al foglio dei posti nella zona militare non raggiungibili senza gruppo e specialmente senza permesso. Prima di consegnargli la macchina fotografica invece di spegnerla, sbaglio bottone e scatto una foto al pavimento del gabbiotto di guardia dove mi lasciano in attesa con una guardia armata a piantonare l’entrata della caserma, mentre il soldato si allontana con i miei oggetti personali.
Mi assicura che è solo una verifica e di non preoccuparmi. Rimango seduto a mangiare i datteri comprati al mercato di Tataouine e la guardia gentilmente mi offre un arancio tra una alzata di sbarra e un metti e togli della striscia chiodata per far entrare e uscire i veicoli militari. Arriva un furgoncino della polizia parcheggia di fonte al gabbiotto e il “mio’’ militare lo fa indietreggiare seguendo le severissima regola. Sono due sbirri in borghese, si mettono sull’altro lato della strada. Tiro fuori il telefonino, ma noto subito che mi controllano così lo rimetto via. Volevo spedire un m