Tris d'Africa Australe D&L

Luglio/Agosto 2019 - Diario di viaggio di Sara Comi
24 giorni

Il racconto del mio primo viaggio in Africa Australe: 24 giorni alla scoperta di Sud Africa, Namibia, Botswana e per finire Zimbabwe, con le spettacolari Cascate Vittoria. Un viaggio alla scoperta di paesaggi sconfinati, dell’Africa più selvaggia e vera… Spero con le mie parole di trasmettere anche a voi le emozioni che ho provato e, chissà, magari farvi viaggiare un po’con la mente!

Il mio primo viaggio in Africa Australe: mi ero preparata molto, ma non sapevo proprio come l’avrei vissuto, essendo anche la prima volta che decidevo di unirmi ad un viaggio di gruppo, completamente da sola.

Dopo molte ore di volo sono atterrata a Città del Capo…la vista dall’aereo era magnifica! Avendo una giornata libera a disposizione, avevo deciso in precedenza di organizzare una visita guidata della Penisola del Capo, tra cui il famoso Capo di Buona Speranza, l’isola delle foche e i pinguini di Boulder’s Beach.

A parte il freddo vento oceanico, la giornata è volata e quello che più mi ha affascinato sono state le immense spiagge di sabbia bianca, dove le persone si ritrovavano per una passeggiata mattutina o per andare a cavallo. Sembravano delle formiche nella vastità di quei paesaggi.

Il mattino seguente, sveglia all’alba per unirsi al gruppo ed iniziare la nostra risalita verso la Namibia. Il tempo non era dei migliori (bisogna tenere conto anche di questo quando si viaggia), ma questo non ci ha impedito di visitare le coltivazioni di roiboos, bevanda di cui mi sono innamorata e che da quel giorno ha accompagnato tutti i miei risvegli durante il viaggio.

La strada verso nord ci ha condotti fino al confine con la Namibia, dove un’uscita in canoa sul fiume Orange mi ha permesso di entrare in contatto stretto con la natura circostante e fare anche birdwatching.

Il viaggio in Namibia è stato qualcosa di emozionante…lunghe strade sterrate senza neanche una testimonianza di civiltà attorno, con un susseguirsi di paesaggi sempre differenti. A partire dal Fish River Canyon, il secondo canyon più grande al mondo, dove abbiamo potuto godere dell’alba, vedendo i raggi filtrare tra le rocce e creare dei disegni d’ombra bellissimi.

Da qui abbiamo proseguito per il Giants Playground, il cosiddetto parco giochi dei giganti, per via dei grossi macigni del luogo, che sembrano essere stati impilati per gioco. Si tratta di un paradiso per gli amanti della fotografia e io, che mi ero giusto presa una nuova macchina fotografica per il viaggio, ho deciso di sperimentare la mia creatività. Vedere poi il sole tramontare dietro ad una foresta di alberi faretra all’interno della Quiver Tree Forest ha subito contribuito a rendere un’atmosfera magica.

Il giorno più bello e indimenticabile è stato per me quello al Namib Naukluft National Park. Una sveglia decisamente mattutina ci ha portato ad assaporare l’alba sulla famosa Duna 45: lo scalare questa duna di sabbia così rossa, che si staglia su un paesaggio vastissimo (e direi anche desolato), ha creato in tutto il gruppo una grande euforia. Già a pochi giorni dall’inizio del viaggio abbiamo stretto un legame molto forte: non importava che avessimo le età più disparate e che venissimo da ogni parte del mondo… l’esperienza del viaggio era qualcosa che ci accumunava e aveva fatto sì che nel giro di poco tempo avessimo legato tanto. Nonostante il sole facesse capolino tra le dune, il freddo pungente della notte si faceva ancora sentire: scesi dalla duna non abbiamo per nulla disdegnato la calda colazione che ci aspettava!

Dopo aver percorso un tratto con le jeep 4×4, siamo arrivati a Dedvlei: ho immediatamente capito perché sia considerato il luogo più fotografato di tutta la Namibia! Il contrasto dei colori qui è fortissimo: ci si trova un paesaggio lunare con alberi fossilizzati, circondato dal rosso di altissime dune, incorniciato da un cielo blu. Anche qui ci siamo sbizzarriti con le foto, poi ho deciso di intraprendere una sfida personale: volevo un momento tutto per me, per fare qualcosa di veramente speciale. Visto che avevamo un po’di tempo a disposizione, ho deciso di scalare una delle dune che circondano la Deadvlei. Non avevo considerato però il sole di mezzogiorno… l’aria fredda del mattino era completamente sparita, per far spazio invece al caldo delle ore centrali del giorno. Questo non mi ha demoralizzato dal compiere la mia salita e dopo mezz’ora di camminata veramente ripida (dove ad ogni passo, si sprofonda di mezzo), sono finalmente arrivata sulla cresta di una duna. Tutta la fatica della scalata è stata immediatamente ripagata dalla vista che si è aperta ai miei occhi. E il silenzio che regnava lassù era avvolgente, ma piacevole.

Il viaggio ha proseguito verso Swakopmund, dove abbiamo ritrovato una cittadina bavarese trapiantata in Namibia. Il caldo dei giorni precedenti era sparito e qui si sentiva la potenza del vento proveniente dall’oceano. Durante la giornata libera, ognuno poteva scegliere tra le attività più disparate e io ho deciso di partecipare ad un’escursione in 4×4 a Sandwich Harbour, il luogo in cui le dune (questa volta non rosse, bensì dorate) sembrano tuffarsi direttamente nelle onde del mare. La simpatia nel nostro autista John ci ha subito contagiati e ci ha permesso di ridere anche quando l’acqua dell’oceano riempiva la piana di sabbia che la nostra jeep percorreva, dando l’impressione che la volesse portare verso il mare. La parte più divertente è stato salire e scendere le dune in auto: molto meglio delle montagne russe!

Durante il viaggio abbiamo ritrovato il caldo, ma un paesaggio diverso, verso il massiccio del Brandberg, dove abbiamo visto delle pitture rupestri antiche migliaia di anni, tra cui la White Lady. È affascinante scoprire come dei disegni completamente naturali siano riusciti a conservarsi nei millenni.

Siamo riusciti anche a fare tappa in un villaggio Himba, dove i bambini riescono subito a catturare l’attenzione dei visitatori e il cui scopo primario è riuscire ad ottenere il maggior numero di caramelle!

Dopo questa tappa, finalmente il Parco Nazionale Etosha. Durante i giorni di safari sul nostro mezzo, abbiamo scoperto uno spazio sconfinato bianco, dove, nei pressi delle pozze d’acqua, era possibile ammirare gruppi di giraffe, zebre, gnu, struzzi e molti altri animali. Noi siamo stati molto fortunati, perché siamo riusciti a vedere sia il rinoceronte bianco che nero, entrambi accompagnati dai cuccioli! Anche i predatori erano presenti all’interno del parco: abbiamo visto iene, leoni e il misterioso leopardo, che dormiva pigro all’ombra di un albero. Per non parlare degli elefanti: quelli all’interno del parco hanno subìto una mutazione genetica che gli ha reso le zanne molto più corte del normale, ma in compenso sono enormi! Veramente grandi. Anche nei pressi dei nostri lodge erano presenti delle pozze d’acqua accessibili durante la notte. Avrei passato ore a guardare gli animali abbeverarsi alla pozza e il modo in cui gli elefanti si raggruppano intorno ai più piccoli trasmette un vero senso di protezione e affetto.

Dopo una sosta a Windhoek, ci siamo spostati in Botswana, dove ad accoglierci c’erano i Boscimani, che ci hanno raccontato le loro usanze e mostrato i loro balli tradizionali attorno ad un fuoco.

Il vero gioiello del Botswana è il Delta dell’Okavango, l’area in cui il fiume Okavango si disperde, creando un paradiso per il regno vegetale e animale. Il miglior modo per godere della sua bellezza è dall’alto, così ho deciso di fare un volo in elicottero sopra quest’area. Nonostante io soffra di vertigini e l’elicottero fosse aperto ai lati, l’adrenalina era talmente forte da farmi dimenticare la mia fobia. Volavamo in alto e poi ci abbassavamo quasi a sfiorare il pelo dell’acqua. Abbiamo visto gruppi di giraffe che correvano, ippopotami, coccodrilli, famiglie intere di elefanti… È stata una delle cose più emozionanti che abbia mai fatto!

Il giorno seguente ho potuto assaporare questo territorio da una prospettiva diversa: ho partecipato ad un’escursione in mokoro, le tipiche imbarcazioni del delta: io stavo su questa sorta di canoa, “spinta” da una persona del luogo, che con un lungo bastone faceva leva sul fondo del canale. Scesi dalla canoa, abbiamo poi fatto dei safari a piedi suddivisi in gruppi. Dal nulla vedevamo sbucare dai cespugli una giraffa o un elefante e ci siamo avvicinati lentamente ad un gruppo di zebre.

Un’altra perla del Botswana è il Chobe National Park: dopo un game drive all’interno del parco su dei veicoli fuoristrada, abbiamo partecipato ad una crociera al tramonto sul fiume Chobe, il fiume che fa da confine tra il Botswana e la Namibia (in particolare la striscia di Caprivi). È meraviglioso vedere come gli elefanti e altri animali, come ippopotami e bufali, si siano abituati a nuotare in questo fiume per raggiungere le lussureggianti isole che si trovano all’interno di esso e poter pascolare liberamente (a volte anche insieme al bestiame da allevamento).

La meta finale del viaggio è forse una delle più affascinanti di tutto il mondo: le Cascate Vittoria. Una volta oltrepassato il confine con lo Zimbabwe, siamo arrivati a Victoria Falls, una cittadina molto vivace che offre attività di ogni tipo, soprattutto per gli amanti dell’avventura (rafting, bunjee jumping, voli panoramici, …).

Io mi sono limitata alla cosa fondamentale: visitare le cascate. Dopo aver varcato i cancelli d’ingresso, si trova un percorso, molto semplice da seguire, con vari punti d’osservazione. Arrivata al primo, non potevo credere ai miei occhi: nonostante la portata d’acqua fosse ridotta per via delle scarse piogge e del periodo secco, la vista che si apriva davanti a me era affascinante e quello che rendeva ancora più bella la scena era la presenza di arcobaleni doppi che si formavano attorno alle cascate. Avrei passato ore ed ore ad ammirare quello spettacolo, ascoltando il rumore rilassante dell’acqua che scendeva nella gola!

Direi che è stata l’ottima conclusione di un viaggio strepitoso, dove ho stretto delle nuove amicizie (complici anche i pasti preparati dalle nostre guide e gustati tutti insieme attorno ad un tavolo), ma dove non è mancato il tempo per me e per assaporare quanto mi trovavo davanti.

Dopo 24 giorni di viaggio, tornavo a casa forse stanca, ma con uno spirito diverso. Sul volo di ritorno già sentivo la malinconia di quei luoghi… e in quel momento ho capito per la prima volta cosa fosse il mal d’Africa. Una volta che viene, non passa più!

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