IL TRITTICO SUL GOLFO DI GUINEA - Ghana

Ottobre 2009 - Diario di viaggio di Susanna Pierini

Negli anni novanta avevo visto le fotografie di un amico, con il mal d’Africa, che aveva ritratto il magnifico popolo Ashanti ma poi dell’Africa mi aveva attratto di più l’aspetto naturalistico gli animali e i paesaggi sconfinati. Un giorno forse vedendo il presidente Obama nel suo viaggio alle origini, quel ricordo è riaffiorato e l’organizzazione è partita grazie ad Internet che ha reso più “facili” i contatti con ogni luogo del mondo.

GHANA

Ci lasciamo subito alle spalle la capitale Accra, dove siamo atterrati a tarda notte. In direzione ovest, seguendo la strada che ricalca l’andamento costiero del Golfo di Guinea, la prima meta è il Cape Coast Castle, uno dei forti litoranei costruiti dai commercianti europei nel XVI° secolo, bianco e imponente. Inizialmente usato per stoccare legname e oro, successivamente è diventato la “porta senza ritorno” per il prezioso carico di uomini fatti schiavi, da imbarcare prima di solcare l’Atlantico diretti al Nuovo Mondo.

Non distante un altro elegante forte domina da un’altura Elmina, villaggio di pescatori in cui ferve, sulla lingua di terra che unisce la laguna all’oceano, l’attività di affumicatura in forni primitivi ed essiccazione al sole del pesce locale.

Procedendo in direzione nord ci immergiamo nella natura rigogliosa per raggiungere il Kakum National Park, un’area di 350 kmq di foresta pluviale intatta, con alberi di latifoglie che raggiungono l’altezza di 65 metri. Per avvicinare i visitatori ai suoi “grattacieli verdi” l’amministrazione del parco ha realizzato il canopy walk, una serie di piattaforme collegate da ponti sospesi ed oscillanti a 40 metri dal suolo.

Finalmente siamo a Kumasi, capoluogo della regione Ashanti, ed è subito l’Africa delle tradizioni che ci viene incontro; nello stadio cittadino si sta svolgendo il “funerale” di un uomo, in realtà è una commemorazione a distanza di 2/3 mesi dalla morte come si usa qui con musica, canti e danze. La famiglia del defunto e i partecipanti sono tutti molto eleganti, abbigliati in rosso e nero, il clima è leggero, si portano doni e offerte, in lunghe file si omaggiano i parenti, ovviamente siamo invitati anche noi con grandi sorrisi e cordialità. Non è stato un caso capitarci, il nostro autista/guida si era dato molto da fare cercando le notizie giuste per soddisfare la nostra curiosità.

E cosa dire del singolare evento a cui assistiamo alle 22:00 come ospiti d’onore, dopo aver acquistato alcune bottiglie di una bevanda alcolica molto apprezzata dallo sciamano-stregone che officerà la cerimonia. Un rito frenetico sottolineato dal rullio incessante dei tamburi e dall’incitazione dei presenti in cui il santone balla ‘posseduto’ da vari spiriti, impersonati di volta cambiandosi l’abito in un crescendo di effetti speciali al limite della cialtroneria.

È arrivato il giorno dell’Akwasidae, la festa in cui i capi delle tribù Ashanti omaggiano il loro re. Ogni capo arriva con il proprio seguito, riparato da ampi ombrelli decorati, la cui dimensione simboleggia l’importanza del soggetto accompagnato, simili a quelli che in Etiopia si vedono nei cortei delle festività religiose. Ognuno indossa il proprio kente, la stoffa dei re, dai colori vivaci, con disegni e trame geometrici, completati da enormi gioielli in oro, bracciali, pendenti e grossi anelli dalle fogge zoomorfe o di conchiglia. La musica e i canti scandiscono l’arrivo di dignitari e ospiti importanti, forse diplomatici, su tutti la fierezza di quello che sembra un generale, alto, con un lucido elmo nero, protetto da un drappello di uomini giovani e prestanti.

L’acme della giornata è rappresentato dall’arrivo del re, trasportato su una portantina, preceduto da un corteo che gira lungo il perimetro del cortile di rappresentanza dove siamo riuniti, fino a raggiungere la piattaforma su cui è posto il trono. Inizia quindi la processione per omaggiare con saluti e discorsi il sovrano compiaciuto.

 

C’è un clima istituzionale ma inclusivo, amichevole e disponibile verso lo straniero, è difficile concentrarsi su un singolo particolare in questa girandola di colori e dettagli, di volti e acconciature, di copricapi e sorrisi.

Ci attende un lungo trasferimento di  400 km sempre in direzione nord verso il Mole Natiolal Park, la nostra prossima tappa, un po’ di Africa degli animali, immersi nella savana. Un primo safari a piedi di 3 ore, ci porta camminando  tra gazzelle e antilopi, a circa 50 metri da un gruppo di elefanti, immersi insieme a loro nell’erba bagnata, rimaniamo immobili catturati dallo spettacolo. Tornati al lodge un bagno ristorativo in piscina come pausa prima di partire in fuoristrada in cerca di altri animali, immancabili gazzelle e antilopi, elefanti solitari, babbuini e cercopitechi verdi, qua e là ci sono zone impraticabili, invase dall’acqua delle piogge, la vegetazione rigogliosa e alta rende difficile gli avvistamenti.

Continuando l’itinerario verso nord ovest, ci avviciniamo al Burkina Faso, il confine segnato dal fiume Alto Volta,  siamo nell’area sub-sahariana dove sono ancora custodite quelle abilità antiche di lavorare la terra cruda per farne case, moschee e granai realizzati con mattoni essiccati al sole e rivestiti di intonaco in fango (adobe) spesso decorato,  rinnovato al termine della stagione delle piogge. Questi edifici hanno la prerogativa di avere ambienti freschi durante il giorno grazie agli spessori delle pareti e alle poche bucature, un sollievo alle alte temperature esterne. Le moschee di Larabanga e Nakore ricordano quella ben più nota di Djenné in Mali ma con dimensioni ridotte e protette da intonaco nero per il basamento e bianco per le guglie che si slanciano verso il cielo, ma poi a ben guardare somigliano anche alle altre ardite costruzioni senza architetti che spesso si incontrano in Africa, i meravigliosi termitai!

Altri diari di viaggio che possono interessarti

Ad Adi Quala, per la festa di Maryam – Diario di viaggio

Ad Adi Quala, per la festa di Maryam – Diario di viaggio

Era un bisogno il mio, di viaggiare in Eritrea. Per provare comprenderne un pò di più la sua
tormentata storia, oltre i libri, le letture, la documentazione e i racconti, per incontrare il suo
popolo, gli anziani con ancora il ricordo degli italiani e i giovani che hanno gli stessi sogni di tutti i giovani del Mondo. Ho desiderato viaggiare in Eritrea per poter unire i pezzi di un percorso antico che dall’altra parte del mare, passando per Adulis e attraverso passi di montagna, arrivava fino ad Axum. Volevo percorrere la strada che scende a Massaua, camminare lungo le sue vie, sentire la pelle, seccata per il clima dell’altopiano, sudare per l’umidità. E viaggiare nella terra dove ha messo radici, come le mettono le erbe matte, la presuntuosa espansione coloniale dell’Italia.
Ho una passione che mi farà tornare in Eritrea. Gli Afar della Dancalia.

Mali – Diario di viaggio

Mali – Diario di viaggio

Si parte per il Mali! Alle 8.25 abbiamo il volo da Genova, arriviamo a Roma e lì incontreremo il gruppo di Avventure nel Mondo. Abbiamo avuto pochi contatti con i nostri compagni di viaggio, solo qualche mail con la capogruppo. Io non ho contattato nessuno perché non voglio immaginare come saranno i componenti del gruppo prima di partire, preferisco scoprirlo “sul campo”, perché troppe volte l’apparenza inganna. L’appuntamento è alle 11, abbiamo tutto il tempo di fare le cose con calma e di prendere l’ultimo caffè italiano a Fiumicino. Da Roma voliamo ad Algeri, dove dobbiamo aspettare 5 ore il volo per Bamako. Chiacchieriamo con alcuni componenti del gruppo e ci prendiamo un caffè algerino. L’aeroporto è piuttosto nuovo e deserto, siamo solo noi e poche altre persone. Il volo per Bamako prosegue per me in dormiveglia.. sono circa 4 ore ma mi sembra lunghissimo… Arriviamo a Bamako alle 23, per fortuna con noi arrivano anche tutti i bagagli e quindi andiamo in albergo: squallidissimo, nel classico stile Avventure nel Mondo. Vado a dormire tardissimo, perché voglio riorganizzare il bagaglio e farmi una doccia.

Mali di fine secolo – Diario di viaggio

Mali di fine secolo – Diario di viaggio

Il viaggio di ritorno a  Itaca di Ulissa  è stato lungo  dieci anni, per far ritorno alla sua isola, vagando per il Mediterraneo. Ne ho impiegati di più e visitato molti paesi e città del mondo. Ho trascorso pezzi di vita altrove, per lavorare, ma anche per scoprire,  per ritornare e poi raccontare per ricordare. La mia Itaca non è un’isola, ma una penisola, l’Italia. Lo stesso, il cammino è stata la meta, cioè il ritorno in Italia, dopo i viaggi.  Ho viaggiato, quindi, non da Itaca a Itaca, ma dall’ Italia all’Italia.

Goa, tra la salsedine e l’incenso – Diario di viaggio

Goa, tra la salsedine e l’incenso – Diario di viaggio

E’ un posto strano Goa. E’ un’India che non è India.
Quando arriviamo all’aeroporto di Dabolim, dopo ore di aerei e attese, veniamo avvolti dall’afa e da una folla di persone. Poi ci aspetta un’altra ora e mezza di strada polverosa e trafficata, fino ad arrivare a Palolem.

Goa è lo stato più piccolo, potrebbe facilmente passare inosservato sull’enorme mappa del Paese, ed è anche il più ricco, con un PIL pro capite di due volte e mezzo la media nazionale. Il motivo è legato al suo passato e al turismo, che attira ogni anno migliaia di persone lungo i suoi 100 Km di costa.

VUOI RIMANERE AGGIORNATO?

Iscriviti alla nostra newsletter