Iran Un viaggio da Pascià

Novembre 2017 - Diario di viaggio di Paolo Schianchi
Il viaggio inizia una notte di novembre atterrando in una calda Tehran che mi accoglie con il sorriso dell’autista,  un veloce coda al cambio dove gli euro diventano immediatamente milioni di Rials e poi Tehran. L’autostrada passa a fianco dell’enorme mausoleo e tomba di Komeini con 4 giganteschi minareti.
A dire il vero il viaggio è iniziato un mese fa quando contattai  l’agenzia con la quale ho preparato il viaggio anche attraverso i consigli di Fatima che sarà il mio nume tutelare durante tutto questo viaggio. Il pomeriggio primo impatto con la grande cultura persiana al Museo Nazionale, fa tenerezza l’allestimento un po’ datato ma i reperti sono splendidi in particolare il bassorilievo di Dario proveniente da Persepoli e la statua del principe partico Shami  dalla testa curiosamente piccola, poi tutto viene spiegato e reso più  chiaro dalle spiegazioni di Ensiah,  la giovane guida che mi accompagnerà anche al palazzo Golestan e in giro per il bazar che è stranamente tranquillo, visto che oggi è venerdì giorno festivo per i mussulmani. Ci spostiamo in Valiasr Avenue zona moderna con negozi e cinema e andiamo a bene una bibita fresca in un nuovo locale appena aperto da un amico di Ensiah. Beviamo un mix di Bidmeshk e Orange Blossom  fresco e dissetante.

David arriva puntualissimo alle 9 a prendermi in hotel, arriviamo a Qom uno dei luoghi santi dell Islam per la presenza del santuario di Fetimah sorella dell’imam Reza, un luogo affollatissimo di fedeli, 20 milioni all’anno, che omaggiano la tomba. Io con qualche raro turista (due spagnoli e due tedeschi) vengo accompagnato in giro da una giovane ed entusiasta  guida religiosa. Il luogo è enorme brulicante di fedeli, punteggiato da svolazzanti chador. Impressionano la gigantesca cupola e la mensarrah in oro che sovrastano il mausoleo e che risplendono al sole. Uscendo compro i primi dolcetti di cui L Iran è ghiotto: sohun pistacchi mandorle zafferano e cardamomo. Kashan mi accoglie con una bella residenza ottocentesca trasformata in hotel, con le camere affacciate su un giardino di melograni con fontana zampillante. La città è piena di queste belle residenze fatte costruire dai ricchi mercanti, per lo più di tappeti, durante il periodo qagiaro nel XIX secolo. Incontro Mostafa marito di Fatima titolare dell agenzia, che mi porta subito a zonzo per il bazar e al Fin Garden, bel prototipo del giardino persiano tutelato perfino dall’Unesco. Andiamo a vedere una vecchia residenza in rovina che Mostafa e suo fratello vorrebbero acquistare: 700 mq davvero fatiscenti ma che potrebbero diventare uno splendido hotel. Alla sera finalmente mi faccio una bella cena iraniana a base di kark kebab (vitello) e kashke bademjan (passato di melanzane) in un altra residenza storica trasformata in parte nell’Abbasi  restaurant.

La mattina con Mostafa ci sono Fabrizio e Massimo due viaggiatori romani anch essi in giro, per combinazione faremo lo stesso viaggio con un sol giorno di sfasamento rientrando insieme. Visitiamo antiche residenze, moschee e hammam e a pranzo finalmente incontro Fatima la mia mentore del viaggio. Pranziamo insieme, lei sorridente e gentile con un bel pancione visto che a febbraio nascerà la prima figlia! Assaggio il Dizi (carne e verdure pressate da spalmare sul pane) e mangio un piattone di polpette al sugo – Shefte somag- buonissime! Al pomeriggio escursione nel deserto in 4×4 con un autista pazzo che fa le dune a tutta velocità sparando musica italiana a palla, “Io sono un italianooooooo un italiano vero!!” In compagnia di Massimo e Fabrizio ce la ridiamo! Entriamo nella città sotterranea di Nushabad scavata nel XIII secolo per proteggersi dalle scorrerie mongole ed arriviamo ad un antico caravanserraglio dove ceniamo prima di rientrare sempre a velocità elevata a Kashan.

Si riparte la mattina presto con David in direzione Abianeh   un antico villaggio di montagna conservato bene e tutto costruito in mattoni e fango. David mi fa da guida, sul terrazzino di una casa vediamo una struttura in legno a forma di goccia: il Nakhl usato durante le celebrazioni religiose simboleggia la lacrima per la morte di Hussein ed anche la forma della bara usata per il trasporto della salma al cimitero. Il paese è abitato solo da anziani e le poche donne hanno bellissimi hijab fiorati.

La successiva sosta a Natanz più che per la moschea me la ricorderò per l’ottima focaccia calda – shirmal – che David ha acquistato li. Arriviamo a Isfahan nel pomeriggio, a piedi raggiungo la piazza Naqhs e Jahan gioiello creato da Shia Abbas I nel 1602: la piazza è seconda per grandezza solo a Tien an Men! Vi si affacciano tre gioielli,  due moschee e la porta di Quysarieh che fa da trionfale entrata al bazar perché se la religione era importante, anche il business lo era altrettanto!  La piazza è bellissima piena di prati e piante dove si rifugiano intere famiglie a rilassarsi o mangiare. Un sacco di ragazzi in giro e molti mi fermano per chiedermi di dove sono con la voglia di scambiare due parole in inglese e fare pratica, un uomo in bici si ferma e dopo avermi fatto le domande di rito mi chiede perché in Occidente abbiamo una cattiva immagine dell’Iran, gli dico che non è così per tutti e certamente non per me, ma qui si aprirebbe un lungo dibattito che la barriera della lingua impedisce di iniziare. Se ne va comunque sorridendo. Affronto il labirinto del bazar che conduce alla Moschea del Venerdì – Masjed e Jamieh – il solito mix di profumi di spezie accompagna i mille negozi di ogni tipo sotto le volte a cupola ornati  da aperture a forma di stelle ed esagoni. Nessuno mi pressa, nessuno mi obbliga a fermarmi, gran relax ma contemporaneamente un brulicare di attività. La moschea è bellissima, arrivo poco prima delle 17,30 quando il muezzin chiama alla preghiera e assisto all’arrivo dei fedeli, uomini che si lavano prima di entrare e gran svolazzare di neri chador. Al buio i 4 iwan si illuminano e risplendono, la cupola di mattoni è perfetta, nessun rumore adesso, sensazioni di pace e serenità.  Rientrando mi fermo a cena in un ristorante vicino alla piazza, bello ma senz’anima, i camerieri scazzati non vedono l’ora di andarsene, il cibo decente: prendo lo yogurt con shallot (scalogno) e fessenjan con riso. E’ ora di rientrare in hotel, per fortuna vicino, per farsi una bella dormita.

Marjam arriva puntuale alle nove ed iniziamo la visita guidata della piazza e dei suoi tesori ma senza tralasciare una scodella di pudding di riso in un negozietto sotto i portici e a pranzo un  assaggio di  Beryani, piatto tipico di Isfahan – polpette di montone avvolte in una fettona di pane sangak – e Tah Chin,  torta di riso con uvetta e pollo. La sera incontro Massimo e Fabrizio ed andiamo a Jolfa il quartiere armeno già visto nel pomeriggio con Maryam che mi aveva consigliato un buon ristorante, effettivamente a parte la difficolta a gestire il menu solo in farsi la cena è ottima. Il quartiere sta diventando alla moda con tanti locali affollati di giovani. Dopo cena facciamo un giro lì vicino, sul ponte Pol e Si o Seh costruito fine ‘500,  con belle arcate di mattoni illuminate e piene di giovani a passeggio.

Oggi non ho impegni, mi alzo tardi e passeggio in totale relax, la prima visita sarà ad un luogo molto particolare che mi ha colpito e dove sono rimasto a lungo. Il palazzo Kakh-eHasht-Behesht è stato a partire dal XVII secolo un luogo di delizie e di relax, circondato da un parco è un susseguirsi di stanze affrescate e di soffitti decorati e incastonati di vetri colorati che si illuminano al sole.

Una giovane universitaria mi da spiegazioni sulla storia del palazzo, una ragazza seduta a terra disegna le arcate e sono l’unico visitatore. Mi aggiro per le stanze affrescate e protette da vetri per non rischiare ulteriori danni ai dipinti spesso malridotti, il sole colpisce i vetri colorati dei soffitti e crea degli effetti di luce bellissimi. Mi siedo e mi rilasso guardando la gente che passeggia nei giardini, sto bene. Torno pian piano alla grande piazza che ha davvero delle quinte straordinarie ma anche il pudding di riso è straordinario e quindi me ne faccio una bella coppa! Girando in piazza e al bazar vedo un sacco di oggetti ma nulla attira particolarmente la mia attenzione fino ad un angolo dove vedo una tovaglia colorata e la immagino già sul tavolo del mio terrazzino, è fatta! Molto lentamente mi avvio verso una parte della città dove esiste un antica torre di avvistamento incendi è collegata ad una moschea ma non è un minareto. Sulla via ci sono  dei locali che noi chiameremmo bar ma che sono molto più piccoli e semplici, offrono bibite analcoliche ovviamente,  essendo l’alcol vietato dalla religione mussulmana, ma anche spremute di melograno buonissime! Entro in un posto piccolissimo e me ne bevo una dissetante e….antiossidante!!  Voglio ritornare alla Moschea del Venerdì che mi ha tanto colpito ieri, ma prima arrivo in una grande piazza dove stanno transennando e preparando una celebrazione. Domani gli sciiti  celebreranno  “Moharram” la ricorrenza dei 40 giorni dalla morte del terzo Imam Hussein,  ucciso con tutti i seguaci a Kerbala nel 680 questo episodio sancì la definitiva divisione tra sciiti e sunniti. Passo a salutare la moschea del Venerdì e torno attraverso il bazar perché la sera cenerò con gli amici romani.

Alle otto Ali puntuale passa a prendermi e partiamo per Yazd la prima sosta sarà a Meybod, il castello di Narin in mattoni di fango si erge da più di 1000 anni in centro città ed è uno spettacolo grandioso.   Zoroastro o Zarathustra visse almeno 1000 prima di Cristo e lo zoroastrismo fu religione dominante fino all’Islam. A ChakChak c è un tempio del Fuoco metà di pellegrinaggio da parte dei fedeli ancora oggi.

Il fuoco arde perenne in una grotta e i fedeli raccolgono e bevono le gocce d acqua che scendono dal fianco della roccia in ricordo di un antica leggenda. Peccato che per ospitare i fedeli che accorrono ogni mese di giugno alle celebrazioni, abbiano costruito delle orrende villette sul fianco della montagna che ricordano tanto gli italici abusi edilizi. I mattoni di fango e l’intonaco di fango e paglia sono la tecnica di costruzione più usata anticamente in Persia tantissimi sono gli edifici che si incontrano ancora oggi ma il villaggio di Karanak è stato costruito più di mille anni fa ora è abbandonato e girare tra i suoi ruderi offre scorci interessanti. Arriviamo finalmente a Yazd, Ali ha fretta di rientrare a casa ed io mi tuffo immediatamente nel centro storico per cercare la palestra dove praticano lo Zurkaneh una pratica di sport e musica tradizionale che trovo ospitata in una antica cisterna per l’acqua sormontata da cinque torri del vento.  Sette bei ragazzoni a suon di tamburo e canti tradizionali si allenano e sollevano e roteano birilli in legno e catene di ferro. La comitiva  entrata prima di me è composta di almeno 20 donne  che osservano interessate. Anch’io osservo interessato!   Più tardi la mia guida Mohammed viene e prendermi con la moglie e il figlioletto di sette mesi e andiamo a salutare Mostafa che è a Yazd con un gruppo di 20 turisti malesi! Ci beviamo un the e mi racconta che con il fratello hanno acquistato la vecchia casa che abbiamo visto insieme ed inizieranno i lavori per la ristrutturazione, ovviamente la prima prenotazione sarà la mia, chissà che davvero tra due/tre anni non si possa ritornare in Iran!

Oggi la giornata con Mohammed inizia alle Torri del Silenzio un luogo molto particolare dove gli zoroastriani portavano i loro defunti che non potevano essere sepolti a terra per non inquinarla visto che terra, acqua, vento e sole erano i quattro elementi sacri della religione. Costruivano sulle colline alte torri di pietra con una pedana circolare e una fossa centrale. I defunti venivano lasciati lì in preda agli avvoltoi, con una grossa pietra legata addosso per evitare che i corpi fossero portati via e solo le loro ossa venivano infine gettate nella fossa da un uomo che dedicava a questa attività tutta la sua vita senza potersi sposare ne abitare lontano dalle torri. Adesso che questa pratica è stata vietata i defunti vengono comunque sepolti in fosse foderate di cemento per non inquinare la terra.  Il centro storico di Yazd è un intricato labirinto di viuzze con case di paglia e fango,  ogni tanto si aprono belle piazzette ma la particolarità della città sono le torri del vento costruite per convogliare nelle case l aria fresca.  Ce ne sono a decine e possono avere da uno a più lati lamellati in modo da catturare i venti che spirano da più direzioni. Sono state costruite anche sopra le cisterne dell acqua in modo da mantenerla fresca e pulita. L idea è geniale e non capisco come mai questa tecnica non sia mai stata mai esportata! Anche l acqua è importante qui e quella convogliata dalle montagne vicine entra in città tramite decine di canali sotterranei chiamati “Kanat”  i pozzi erano poi a disposizione di tutti e a volte entravano direttamente nelle case più ricche.  Di fronte al mio albergo, Fazeli, un antica casa ristrutturata, si erge la Moschea del Venerdi e il mausoleo di un saggio e potente notabile Sayyed Roknaddin con una magnifica cupola rivestita di maiolica azzurra, entrambe costruite tra il XIV e il XV secolo,  dalla terrazza dell hotel la sera lo spettacolo delle torri e della cupola illuminate è davvero stupendo.

Ali arriva puntuale alle sette e mezzo e partiamo per Mahan, sette ore di viaggio per avvicinarci al deserto ma ci fermiamo al castello di fango di Saryazd

ed al caravanserraglio di Zein O Din due punti di sosta delle carovane del deserto in arrivo a Yazd. Entrambi isolati e pur di dimensioni notevoli si amalgamano perfettamente con la terra circostante e sono la perfetta descrizione di quanto noi cosiddetti moderni abbiamo spesso smarrito la via del rapporto con la natura. Mahan è un piccolo paese ma possiede un grande mausoleo  dedicato ad uno scia’, derviscio, mistico, poeta sufi morto nel 1431 e sempre venerato. Il mio albergo è proprio di fronte al mausoleo anzi è proprio collegato da un ponte soprelevato che inizia…davanti alla mia camera! Posso così curiosare subito da posizione privilegiata e in ciabatte, nei cortili del mausoleo e osservare più da vicino la grande cupola e i due minareti. La camera di fatto è un lungo appartamento con due camere e una terrazza che, come in tutte le case borghesi del periodo qagiaro si affaccia su un altro terrazzamento a piano terra. La vita qui è all aperto seduti o sdraiati  sui divani o sui tappeti. Anche la cena sarà quasi all’aperto nonostante la temperatura non sia proprio estiva, nel giardino ci sono dei gazebo con delle poco eleganti ma pratiche tende di plastica trasparente ed è lì che mi serviranno la cena a terra sui tappeti e sui cuscini. La specialità della zona di Kerman è il Boz Qorme ancora una volta un piatto con tritato di carne, spezie, menta e un po’ di cagliata di latte dove provvederò ad intingere tanto pane! Buonissimo! La cena è stata allietata dalla presenza di un gruppo di oche starnazzanti e di un gattone che cercava cibo, non si può mai stare un po’ da soli!

Oggi cambio autista, Benham mi porta a scoprire il deserto del Dash e Lut ma prima ci fermiamo alla cittadella di Rayen un fortilizio esistente da almeno 1500 anni nonostante l’apparente fragilità delle mura di mattoni di fango. Rigida divisione all interno delle mura tra settore “gente comune “ settore “ricchi”e poi ovviamente nel castello gli appartamenti del Boss Governatore! Il luogo è deserto, spira un forte vento fresco. I restauri datano 1995 forse anche troppo invasivi ma il colpo d’occhio è di grande impatto. L’Iran è pieno di strutture di questi tipo spesso meno imponenti ma sempre ugualmente belle e in perfetto accordo con la natura. Proseguiamo per Shahdad piccolo paesino alle porte della zona del Kaluts: formazioni di roccia erosa da millenni di vento. Si elevano da 10 a 70 metri sul livello del deserto e al tramonto tutto diventa rosso e poi via via scuro aspettando che il sole sparisca. Appollaiato in cima ad una collina dopo le foto di rito, mi godo lo spettacolo della piana davanti a me punteggiata di kaluts che pian piano diventano scuri e  penso che ancora una volta la natura è riuscita a creare un palcoscenico grandioso.

Si parte destinazione Kerman ma prima Benham, la mia guida, mi propone di fare un giro fuori Shahdad per vedere delle poderose mura in mattoni  e fango che sembrano risalire a tempi lontanissimi. Sbrecciate, slabbrate, arrotondate dal vento ma resistenti da secoli. Lì vicino diamo un’occhiata a Shahrak e Kotuluha, la città della piccola gente, perché leggenda vuole che qui abitasse una tribù di lillipuziani. Pochi muri nella piana desertica, il vento, arbusti, non c è molto da “vedere” ma il luogo è suggestivo. Kerman è circondata di montagne, la città presenta la sua consueta raccolta di moschee, mausolei, hammam, ma senza la grazia e la potenza di altri luoghi già visitati. Vengo raggiunto dagli amici romani e insieme andiamo al Bazar che si  visita sempre volentieri, annusiamo spezie, assaggiamo polvere di nocciola, curiosiamo tra le anticaglie dove io vado cercando qualche foto d’epoca. Una la trovo pure ma vogliono 100 euro e desisto. Benham ci propone di portarci a vedere fuori città i giardini di  Fathabad.

Una residenza estiva  qaguara dei primi ‘900 recentemente restaurata. Arriviamo al buio e ci troviamo di fronte un lungo giardino con la classica  fontana e in fondo il palazzetto illuminato si specchia nell’acqua. Sembra una reggia di Caserta in miniatura e l’effetto prospettico è stupendo.

Sveglia alle 5,00 – autista alle 5,30 – volo alle 7,00 – arrivo a Shiraz  8,00  – arrivo hotel con autista 8,30 – colazione 8,45 – uscita con Zahra la guida alle 9,30! Wow! Che perfezione iraniana! Direzione Cittadella di Karim Kan dinastia Zand, secolo XVIII e la moschea, ma è l’Hammam e Vakil  la cosa più bella, una grande sala con cupola centrale e tante salette laterali per tutte le attività classiche: massaggi ma anche rasatura, medicina, insomma un luogo di relax e di cura del corpo e della mente. Una puntata al bazar è ovviamente immancabile e in un piccolo negozio di rigattiere trovo finalmente delle belle foto di inizio ‘900 che ritraggono un giovane studente e una famiglia intera ma composta dal solo ramo maschile. La mente si cura anche con la poesia e noi andiamo a salutare uno dei più importanti poeti iraniani visitando il suo mausoleo. Hafez vissuto tra il 1325 e il 1389 quindi appena dopo il nostro Sommo Poeta, è conosciuto e letto in molte case iraniane ed e’ usanza farlo anche in occasione del Nowruz,  il Capodanno islamico, quando si usa aprire l’antologia delle sue poesie e leggerne a caso alcune.

Dal DIWAN, 1350 – 1390 
1. Per un gitano bello e turbolento s’appassiona il cuore mio:
pelle bruna, d’assassino le mani, in volto il colore degli incanti.
2. Che vadano in offerta alla veste strappata dei volti di luna
le mille tuniche della castità, l saio nero dell’astinenza.
3. Porterò con me nella terra il ricordo del tuo neo
perché con il tuo neo profumato d’ambra si faccia il mio terreno.
4. Sono servo di quelle parole che attizzano dovunque il fuoco,
non sfavilla la fiamma viva in poesia con l’acqua gelida.
5. L’Angelo non sa cosa sia l’amore, e allora tu coppiere
innalza la coppa e versa sul fango di Adamo il roseo vino.
6. Povero e distrutto sono giunto alla tua sogla per chiedere la grazia,
perché se non il tuo affetto per me altro soccorso non esiste.
7. Nella casa del vno ieri notte la voce occulta mi sussurrava:
resta lì, nella stazione dell’attesa, e non fuggire dal destino.
8. Posa adesso la coppa sul mio sudario, ché all’alba del Giudizio
io porti via dal cuore, con il vino, il terrore per la Fine dei Tempi.
9. Non esistono cortine che separino l’amante dall’amato:
svélati da questo sentiero, sei tu, Hafez, il tuo stesso velo 
Prima di tornare in albergo Zahra, mi  fa assaggiare un altra specialità: una specie di ghiacciolo al   limone  in coppa. Ottimo. Zahra,  ragazza colta e appassionata deve purtroppo partire per  Kermanshah al confine con l’Irak, dove un terribile terremoto ha fatto due giorni fa almeno 400 morti, lei ha competenze di infermieristica ed è stata precettata. Per la visita a Persepoli viene un altra giovane ragazza molto carina e alla moda con l’hijab sempre in bilico e grandi occhialoni da sole. La prima sosta è a Pasargade dove la tomba di Ciro il Grande si erge solitaria nella pianura tra le rovine della città da lui fondata e messa in ombra quando  Dario I costruì il suo enorme palazzo a Persepoli.  Ci fermiamo alla Necropoli dove un intero costone di montagna è stato scavato per dare degna sepoltura ai sovrani achemenidi ed arriviamo infine alla porta della città dì Persepoli che ci accoglie con una Grande Scalinata che conduce alla Porta di Serse sorvegliata da due enormi figure di tori-guardiani. Da lì si entra nella città composta da vari palazzi di dimensioni colossali tutti ornati di bassorilievi straordinari. Cortei di Persiani con le lunghe vesti, Medi con le vesti corte e file di cortigiani e delegazioni di varie etnie che portano tributi al sovrano.

Sovrastano la città altre tombe reali e dall’alto la città risulta davvero maestosa come doveva apparire ad Alessandro Magno.  Fu durante il suo passaggio nel 330 AC che un incendio la rase al suolo dopo il saccheggio

facendo sparire la città dalla Storia dopo solo duecento anni di gloria. Rientriamo a Shiraz alla sera dove intanto sono arrivati Fabrizio e  Massimo e li raggiungo per la cena in un ristorante alla moda con tre piani ognuno con specialità diverse!  Ma io preferisco sempre i posticini più piccoli e meno modaioli come il Qavam dove ho cenato ieri sera mangiando piatti tradizionali,  Barley Soup con pezzetti di pollo, Mirza Ghazemi. (melanzane, uova, pomodori e aglio) che ho spalmato sul Lavash (pane tiepido) e degli ottimi datteri ripieni chiamati Sarangak! Kaveh arriva alle nove per portarmi a fare un giro fuori Shiraz in montagna, i locali usano queste località come luoghi di svago durante il fine settimana, e proprio oggi si stanno preparando perché domani, venerdì, è festa e sarà festa anche sabato quindi prevedono grande afflusso! I ristoranti si preparano, puliscono, cucinano, stasera qui,  mi dice Kaveh, ci sarà folla festante. Durante il viaggio  un aquila volteggia su di noi. Al pomeriggio rientrando in città vado a zonzo da solo per la zona del bazar e ritrovo la moschea rosa dove ieri siamo venuti a vedere il magnifico gioco di luci che si crea al mattino quando il sole attraversa le vetrate colorate,

ora è tranquilla, i turisti non ci sono,  all entrata mi rilasso e osservo un anziano signore che prende il sole su una panca.  Nella via c’è anche la residenza perfettamente restaurata di Qavam al Molk , del 1879,  costituita dagli  appartamenti privati “andaruni” e dalla parte per ricevere gli ospiti: “buruni” ora divise dalla strada ma originariamente un unica enorme dimora del ricco mercante. Mi rilasso nel giardino al sole come unico rumore l’acqua della fontana.

Arrivo al tramonto al Mausoleo del Re della Luce ennesimo santuario per l’innumerevole stirpe degli Imam (in questo caso un fratello di Reza l’ottavo).   A quest’ora c’è gran movimento, la guida religiosa, obbligatoria,  che ci  accompagna racconta qualcosa ma io mi perdo ad osservare la gente che entra ed esce dai santuari, le cupole a cipolla, i minareti dorati Anche qui l’interno  dei santuari è decorato da innumerevoli specchietti che catturano la luce e abbagliano i visitatori. Attraverso ancora il bazar e incontro l’ultima moschea di questo viaggio, Masjed-e Vakil.  Mi colpisce la grande sala di preghiera con una foresta di 48 colonne scolpite. C’è una famiglia con un bimbetto che passeggia e fa foto, ma poi se ne vanno e resto solo, il silenzio e la pace di questo luogo è l’ennesima emozione di un un viaggio emozionante.

Il volo per Tehran delle 7,30 è stato annullato ma per fortuna l’abbiamo saputo prima e l’ineffabile Fatima mi ha prenotato quello delle 11, così dormo di più e arrivo comunque nella metropoli alle 13. Mona viene a prendermi e subito ci fermiamo al monumento costruito per i 2500 anni della nascita dell’Impero Persiano.  Un altro manufatto moderno di Tehran è il ponte Tabiat, costruito come collegamento tra la città e un grande parco. Scavalca la superstrada ma la struttura è bella e poi è stato pensato con tanti ristoranti, bar, negozi ed è diventato un luogo di incontro per molti abitanti che vengono a passarci i pomeriggi, decisamente meglio dei nostri tristi centri commerciali. La città non offre granché, è enorme, caotica, andiamo in un bazar dove faccio gli ultimi acquisti: marmellata di carote che ha accompagnato tutte le mie colazioni e gli immancabili pistacchi.  La sera vado a cena con Massimo, Fabrizio e Mona, la nostra guida, che poi ci porta a casa di una famiglia di suoi amici. Sono gentilissimi come tutti qui, ci offrono una quantità di frutta, dolci, the e tante chiacchiere, dopo la foto di rito è davvero tempo di andare in aeroporto. Passerò li le quattro ore che mi separano dal volo Alitalia, iniziando già a rimpiangere di non potermi  fermare ancora un po’ in questo fantastico paese e pensando, cosa che mi succede raramente, che sarebbe bello tornarci.

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