Rajastan: primo assaggio dell'India

Febbraio 2017 - Diario di viaggio di Gino
17 giorni

Coppia ultra60, discreti viaggiatori, per lo più in Africa, da sempre titubanti rispetto all’ India, quasi in soggezione per la mia insufficiente preparazione. Conosco la storia piu recente (rivalità e contrasti con Cina e Pakistan, non allineamento, non violenza) molto meno cultura, religione, sanscrito, politica coloniale, mucche, storia antica, geografia. Poi, in gennaio 2017, ho deciso di affrontare un primo pezzo di India, forse il più facile, il Rajastan. Leggo due libri, brevi ma speciali, scritti nel 1960 da due scrittori, Moravia e Pasolini, appena tornati dal loro primo viaggio in India, appena realizzato assieme. Programma personalizzato per due: arrivo e partenza a Delhi, auto privata con autista, senso antiorario, itinerario messo a punto con l’ espertissimo corrispondente in Italia di un operatore locale. Alberghi tutti prenotati, buon livello. Oltre all’ autista guida, avremo di volta in volta una guida locale, che mi propongo di usare al meglio. Dato il costo mooooolto contenuto abbiamo aggiunto notti qua e là rispetto al percorso classico per rallentare e approfondire.

Giorno 1

Arrivati a Delhi, breve notte in albergo e partenza verso ovest. Un’ auto spaziosa, l’ autista di mezza età con un inglese migliore del nostro, durante il percorso osserviamo un’ agricoltura modesta, leggiamo vari giornali locali, TOI (Times of India), Industan times. Anche nei giorni a venire i giornali non mancheranno, gratuiti o quasi in albergo o per la strada. Per la sera siamo a Mandawa, mai sentito prima. Fu per vario tempo sede di ampi commerci lungo una diramazione della via della seta. Mi chiedo se corrisponda al vero, la via della seta doveva avere decine di corsie. In effetti ammiro vari palazzi d’ epoca (haveli), vecchie residenze di ricchi commercianti, con facciate artistiche e dipinte con affreschi accuratissmi. Non mancano temi “occidentali”, tipo treni stilizzati e biciclette d’ epoca. Sembrano dipinti più sulla base del sentito dire che per esperienza diretta. E comincio a pensare che l’ idea che abbiamo noi della spiritualità indiana, così fascinosa e da cui ci sentiamo attratti sia molto parziale: gli indiani fin da allora ammiravano la modernità, le scoperte ed il progresso tecnologico occidentale non meno della loro propria antica saggezza.

Giorno 2

Altri 200 km ad ovest, fino a Bikaner. Un Haveli, palazzo affrescato trasformato in albergo, mostra un’ intera parete con valige d’ epoca. Poi bisogna visitare un massiccio castello localizzato in centro città. Il castello non ha niente da invidiare a quelli del nostro medioevo, mi colpisce anche la guida locale che esordisce dichiarando la casta cui appartiene. Non erano state abolite 50 anni fa? Scopriremo un po’ alla volta la loro influenza. Ad ogni modo il nostro, orgoglioso della sua castadei militari, ci descrive come il declino della zona, ormai fuori dalle rotte commerciali, sia stato compensato dall’arrivo di forti contingenti militari. In effetti proseguendo da Bikaner verso ovest ed avvicinandosi al confine col Pakistan in varie occasioni si parla di guerra. Anche i giornali locali riportano minuziosamente piccoli incidenti e attriti di frontiera. Bikaner, Jaisalmer ed altri centri minori sono ora tagliati fuori dagli antichi traffici commerciali, ma l’ economia beneficia di una massiccia presenza di militari, con tutte le necessità di approvvigionamento e servizi di cui l’ esercito abbisogna. Almeno una parte della popolazione si rallegra di questa presenza. Dove c’ è l’ esercito, c’ è pulizia, ordine, organizzazione, tecnologia, progettazione, modernità, in una parola ricchezza,. La gente narra di più di una guerra di frontiera col Pakistan, ma invano chiedo all’ uomo medio in quali anni si svolse la prima guerra, la seconda guerra etc. Per saperne di più è interessante visitare il museo della guerra di Jaisalmer. Le pubblicazioni turistiche invitano a visitare un tempio indu che rimase indenne dopo centinaia di cannonate provenienti dal Pakistan. Ora è oggetto di particolare venerazione ed anche il generale pachistano che ordinò i bombardamenti in zona è venuto a rendere omaggio a questo tempio induista vicino a Jaisalmer. Le spese militari dell’ India sono rilevanti. Oltre che andare nello spazio hanno da tempo la bomba atomica e la tregua con i due più potenti  vicini non si è mai trasformata in pace; si tratta di Pakistan e Cina, anche questi  con la bomba atomica. Possiamo stare tranquilli?

Giorno 3

Ancora un lungo spostamento verso ovest attraverso una regione desertica. Frequenti dromedari, anche per i trasporti lungo la strada asfaltata. La guida ci ha istruiti: la religione in India è ovunque. I luoghi di devozione sono moltissimi: ci sono templi induisti antichi che richiesero decenni per essere innalzati, altri modernissimi che assomigliano a un parco divertimenti e pure custodiscono un cuore degno del massimo rispetto. Ci sono quelli dedicati a una particolare divinità, eventualmente nelle sue molteplici incarnazioni; e quelli dedicate ad una congerie di divinità. Oggi verremo subito “battezzati” :  visita al tempio dei topi. Vivi ed estremamente attivi e curiosi, popolano a centinaia cortili, scalinate, sacrestie da percorrere a piedi nudi sempre attenti a non calpestarne qualcuno. Ci spostiamo con evidenti acrobazie. La fortuna è dalla nostra e riesco a vedere anche qualche topo bianco. Evviva. Nessun addetto alla pulizia, gli escrementi si sommano alle granaglie e altro cibo che i devoti seminano qua e là. Consigliabile avere un paio di calzini di riserva e una bottiglia per lavarsi i piedi dopo l’ uscita. Non ho visto turisti con i piedi rosicchiati dai topi, però ho visto topi sanguinare. Nei giorni successivi visitare il tempio delle scimmie sarà meno impressionante.

Più avanti visita al tempio del cavallo: si trova a Ramdevra, 10 km a nord di Pokaran e si può sostare per pranzo/ spuntino/ toilette. Il tempio accoglie in determinate occasioni una quantità enorme di pellegrini, addirittura anche di fede musulmana ed ha una varietà di percorsi,  veri e propri negozi, oggetti di ricordo e culto per i pellegrini; colorati in rosso, giallo, nero non meno degli altari. Girare dentro il tempio assomiglia ad un bazar, i vari punti di interesse  sono preceduti da una piccola campanella sospesa che tutti toccandola fanno tintinnare. Voci, rumori si intrecciano, il cavallo è presente dalle minuscole statuine in plastica fino ad esemplari  a grandezza naturale, senza contare le pitture e, se non ricordo male, le fotografie. Impressionante il sistema di transenne per regolamentare l’ accesso. In certe ricorrenze i pellegrini si contano a milioni.

Ancora verso ovest nel deserto senza sabbia del Thar, fino a Jaisalmer.

Giorno 4

Jaisalmer. Rinunciamo al museo militare ed optiamo per quello etnografico. Fondato e condotto da un insegnante, dispone di pezzi molto significativi sempre con ampie didascalie in inglese. Interessante anche intrattenersi con l’ insegnante, un 80enne molto in gamba. Due volte al giorno nel teatrino interno al museo spettacolo di marionette. Ogni episodio viene commentato, storie di cobra, dromedari, di uomini e donne. Infine un episodio viene rappresentato davanti alla cortina: non toglie magia, aiuta a capire e ricordare meglio. E’ anche possibile acquistare marionette dai colori sgargianti. Alloggio presso un’ intraprendente signora piemontese innamorata del posto e della migliore cucina italiana. Interessante biblioteca a disposizione.

Anche qui palazzi (haveli), aspetto medioevale, con una cittadella su una collina in posizione centrale spettacolare. Molto viva, simile alle migliori cittadelle dl Marocco. Piacevole anche l’escursione pomeridiana a Khuri, per una passeggiata a dorso di cammello tra le dune del deserto. Tramonto e cena nel deserto con spettacolo di danze tradizionali di stile zingaresco.

Giorno 5

L’ itinerario torna un po’ indietro e vira verso sud. Breve sosta per un’ altra stravaganza, un tempietto per una motocicletta miracolosa. Qualche decennio fa un pilota morì in un incidente stradale , la polizia sequestrò la moto , ma quella tornò da sola sul luogo dell’ incidente, anche più volte. Ora un albero ai bordi della strada è coperto di addobbi colorati ed offerte di ogni tipo; ramaglie formano un pergolato da cui pendono nastri, ciondoli, collane; in un box di vetro che non viene pulito da anni è conservata la moto sul cavalletto; in un altare di cemento all’ aperto un officiante mantiene un piccolo fuoco permanente, alimentato con le palline di zucchero ed altre offerte dei fedeli  che gli si accalcano attorno. Come sempre a piedi nudi

Si giunge infine a Jodhpur, la città blu. Impressionante il forte che domina dalla collina (il nome Mehrangarh si confonde facilmente). Gli interni non sono da meno Tutto attorno una muraglia va su e giu per le colline, ce ne sono anche in altre città Molto colore nel bazar del centro e ben conservata la coloniale torre dell’ orologio. In ogni città notiamo molti giornali nelle lingue indiane, inaccessibili. Ancora più numerosi i canali TV nelle lingue indiane, in genere mi sono sembrati assai simili a quelli più diffusi in tutto il mondo: ricette e cucina, canzoni, stanchi dibattiti, soap opere e molta pubblicità. Sui tetti poche antenne satellitari. In città più libri che farmacie. Musei ad ingresso gratuito o comunque molto economici, a volte con differenza fra biglietti per cittadini e quelli per stranieri.

Giorno 6

Oggi non molti km , ma su strade tortuose e collinari della catena Arawalli. Sosta obbligatoria al tempio giainista di Ranakpur, bianco scintillante e con perfetta simmetria, vero e proprio capolavoro di architettura. Utilissima l’ audioguida, una specie di enciclopedia delle credenze gianiste, una variante molto antica dell’ induismo. Si raggiunge poi l’ imponente fortezza di Kumbhalgarh a oltre 1000 metri di altezza. Circondata da una muraglia di 36 km, per la verità percorribile per un solo breve tratto.

Giorno 7

Breve spostamento per raggiungere Udaipur, romantica città sul lago Pichola, incastonato fra i monti. Visitiamo il Palazzo, che dà sul lago, il museo, i giardini. Poi raggiungiamo un’ isola gioiello nel lago, tutta giardino e palazzo.

Le monete in metallo in pratica non servono . La rupia vale meno di 7 centesimi di euro e le piastre non esistono più. Sconsigliato andare in banca, lunghe code e risultato imprevedibile. I money changer sono numerosi e quasi uniformati nel cambio. Ignoro se in banca cambiano meglio. Gli hotel sono peggio. Ancora si ricordano e si commentano i fatti di qualche mese fa. Il primo ministro Modi dalla sera alla mattina ha dichiarato fuori corso tutte le banconote indiane di valore maggiore o uguale a 7 dollari USA compresi. Ha dato 1 mese di tempo a tutti per portare le banconote vecchie in banca e ricevere in cambio le nuove.  Obiettivi dichiarati:  a) combattere le tipografie di banconote false b) combattere la corruzione, che avviene sempre con modalità cash. Immediatamente si sono formate code lunghissime alle banche, che non avevano i nuovi contanti a sufficienza. Hanno sofferto i piccoli (qualche decina  morti per non essere riusciti ad acquistare cibo) e i grandi (diminuzione di acquisti e scambi commerciali). Modi gode di grande fiducia , la gente tende a dimenticare e nelle imminenti elezioni il suo partito, il suo partito, il BJP, è dato per favorito. Il partito del congresso, quello di Nehru, Indira Gandhi e Rajiv ha perso molte posizioni. Non sembra a causa del fatto di essere guidato dalla vedova del Rajiv, l’ italiana Sonia Gandhi, ormai convertita all’ induismo. Causa principale: la corruzione.

Quando si parla di grandi numeri, essi non si accostano a gruppi di 3 cifre (unità, migliaia, milioni etc) ma in modo diverso. Ad esempio la superficie del Rajasthan, poco più dell’ Italia si scrive 3,42,239 Km2 e la sua popolazione (oltre 68 milioni) si scrive 6,86,21,012. Avranno i loro buoni motivi.

Giorno 8

La tappa classica farebbe dedicare la giornata a Chittorgarh: Noi ci fermiamo solo per una rapida visita: antica capitale su un roccione stretto e lungo, domina la pianura circostante, interessante le storie e numerosi i punti notevoli. Pranziamo e proseguiamo per un piccolo forte, il Bhainsrorgarh, dove pernotteremo; restaurato solo in parte, offre una vista spettacolare sul fiume Chambal proprio dove riceve un affluente e si forma un lago. E’ qui che incontro il marajà, o meglio l’ultimo discendente. In italiano si mette l’ accento in fondo, in India la parola è piana e suona più confidenziale. E i maragia di oggi lo sono davvero: vestiti in giacca e cravatta, si distinguono non per nobiltà , ma per intraprendenza e operosità.  Maragia è parola antica, proviene dal sanscrito, col significato di “grande re” , riconosciuto dal latino “magnum regem”. In realtà si trattava di regni in genere abbastanza limitati, con una struttura simile al feudalesimo europeo. Vivevano nei loro castelli, riscuotevano le tasse, accumulavano grandi ricchezze, facevano beneficenza, promuovevano varie forme d’ arte. Continuarono a regnare anche durante il dominio inglese. Sopravvissero ancora vent’ anni dopo la  dichiarazione di indipendenza, al termine della seconda guerra mondiale. Finché il governo tolse loro la facoltà di riscuotere le tasse e dovettero cambiare vita. Per la verità la loro reputazione e la loro influenza erano ancora così forti che l’ anno dopo il governo fu bocciato alle elezioni, si dice proprio per quel motivo. Comunque i marajà sono venuti a patto con la modernità: hanno intrapreso  carriere amministrative, politiche, diplomatiche, militari. Numerosi palazzi e castelli sono stati riconvertiti, almeno in parte, in alberghi.  Ne abbiamo vissuti alcuni in grandi città ed anche in piccole. Questo di Bhainsrorgarh, nelle colline Aravalli , è uno di questi, il più piccolo e delizioso. Il castello si specchia su un grande lago; pescatori a remi , prati verdi sulle sponde, torri di condensazione di un impianto termonucleare lontane riconosciute grazie a binocolo e cartina dettagliata. Non riconosco subito il maraja così la nostra conversazione, durante la colazione in uno dei torrioni più alti del castello, è iniziata con una mia gaffe e la riassumo così:

– Signore, da quanto tempo ha acquistato il castello e l’ha restaurato e qual era la sua professione precedente?

Risposta: – La mia famiglia costruì questo castello circa tre secoli fa. Io, laureato in economia, ho avuto esperienza e ruoli di responsabilità in azienda di costruzioni, poi ho deciso questo restauro , da realizzare per gradi. Qui non ci sono scuole , i miei figli studiano a Delhi. Anche mia moglie è là e mi aspetta . La raggiungo a fine aprile; qui farà troppo caldo e chiuderò. Vede quel verde laggiù? In aprile i cereali verranno mietuti e la campagna apparirà bruciata. Sente che piacevole brezza? Ebbene fra non molto la temperatura sarà molto alta ed il venticello ancora più caldo.

Dopo colazione un’ escursione nel lago, dalle acque limpidissime. Barca e due rematori per birdwatching lungo la riva. Meraviglia: the, caffe e biscotti a bordo. Ed anche un documentatissimo manuale di birdwatching. 

Giorno 9

Continuiamo per una tappa breve verso nord est. La strada asfaltata per Bundi è abbastanza scorrevole. La solita campagna  fatta di cereali e foraggio è piuttosto monotona, mancano frutteti, vigneti, strade di campagna, case isolate. Eppure metà della popolazione vive di agricoltura. Gli unici trattori a ruote che si vedono sono  davanti a noi nella strada statale a rallentare la nostra corsa quasi non bastassero le buche nell’ asfalto. Nella campagna molti spaventapasseri sono costruiti con maestria, ognuno con la sua fisionomia: fanno pensare che gli uccelli indiani abbiano scaltrezza e intelligenza sopra la media. Come gli studenti  indiani di matematica, fisica, informatica. Alcuni contadini usano giacigli alti un metro da terra e coperti da un tetto di paglia, simili a capannine a due piani, possono riposare all’ ombra, dormire, vigilare sulle coltivazioni di oppio. Qua e là spiccano campi coltivati a fiori bianchi, ben squadrati e recintati. Conviene fermare l’ auto, superare eventuali cancelli o barriere ed entrare nel campo fino a vedere da vicino il papavero da oppio. Fiori simili ai nostri papaveri rossi, ma alti anche un metro e pochi bianchissimi petali talmente grandi che coprono tutto il resto, così da lontano il campo appare come un enorme lenzuolo steso ad asciugare. I petali contornano un sacchetto verde, ai miei occhi enorme, che contiene il lattice da cui si ricava l’ oppio. Lo stato concede la licenza di coltivazione, controlla che la produzione sia quella prevista dalle tabelle ed acquista il prodotto a 1500 rupie al chilogrammo. Al mercato nero l’ eventuale sovraproduzione  si  vende ad un prezzo doppio. Se un contadino non raggiunge la quantità stabilita rischia di perdere la licenza di produzione e per evitarlo gli conviene acquistare la differenza al mercato nero.

A Bundi, piccola città periferica, veniamo accolti in una albergo modesto da due fratelli gentilissimi e poi visitiamo il palazzo-labirinto con botole, porte e passaggi sotterranei, intrighi, passerelle poco rassicuranti. Una passeggiata serale ed una mattutina in autonomia. Colpiscono ,oltre alle vacche, i maiali liberi e le fogne-rigagnolo.

Parla un giovane di Bundi: ho insegnato a scuola per 11 anni. So parlare inglese ed anche italiano. E’ vero che il governo ha costruito scuole in tutti i villaggi. Però alcuni bambini, specialmente le femmine,  non vanno a scuola. L’ analfabetismo  è presente anche fra i giovani, ma le statistiche sono difficili da raccogliere e interpretare. Come  maestro, mal pagato, avevo  poca soddisfazione. Nella stessa aula avevo studenti di età e livello molto diversi. Inoltre il maestro invece di dedicarsi all’ insegnamento è spesso incaricato dal governo di diffondere avvisi, raccogliere dati, collaborare nel censimento, collaborare nelle elezioni politiche e amministrative. Stanco di tutto questo mi sono licenziato ed ora sono guida turistica.

Nell mio Road Atlas l’ alfabetizzazione risulta essere il 74% , con un minimo di 64% (Bihar) ed un massimo del 94% (Kerala)

Giorno 10

Un po’ dall’ autista, un po’ dai giornali e un po’ dalle guide cerco di imparare qualcosa di più sulle caste. Guardo gli annunci matrimoniali. In genere vengono messi da persone con alto livello di istruzione. A volte sono i genitori ad agire. C’è anche una sezione per la ricerca di fidanzati/e, sempre con gli stessi criteri di catalogazione: si puo’ cercare per regione, per casta, per religione. La guida di ieri mi ha detto che ancora oggi il 90% dei matrimoni avviene tra membri della stessa casta. Certi annunci precisano “casta ininfluente”. I musulmani non riconoscono, non fanno parte della loro tradizione. Non mi sembra che ci sia un dibattito aperto sulle caste, essendo le stesse già state ufficialmente abolite. La gente ne parla come di un dato di fatto, un sistema che fa parte della tradizione. Nessuno sembra volerle mettere in discussione. Persone di cultura tendono a razionalizzarle, a giustificarle. Essere stato testimone di questa situazione è ciò che più mi ha sorpreso e turbato, più della vista dei mendicanti e dei senza casa, fenomeni che in certa misura sono presenti in tutto il mondo.

Arriviamo a Pushkar, l’ albergo è proprio sul lago ed abbiamo tutta la panoramica dei ghat (scalinata per le abluzioni). Santoni più o meno stravaganti o commerciali. Fedeli e turisti più o meno convinti. Qui c’è una rarità: il tempio di Brahma, la divinità centrale della Trimurti, che rappresenta la figura del Creatore. Pushkar è piccolo e in proporzione le vacche sono di più.  Numerosi sono anche i cani randagi. Invece pare che i gatti non esistano. Le vacche sono curiose e si avvicinano a tutti, abbastanza inoffensive; però vengono decisamente allontanate da chi è in posa per foto di gruppo o selfie. In genere le vacche, in piedi o sdraiate, restano immobili e questo permette nelle strade fuori città di procedere e sfiorarle senza rallentare troppo. Però le stesse vacche restano immobili anche nelle strade e nei vicoli cittadini, ed allora pedoni e motocicli passano più o meno agevolmente, mentre le auto hanno maggiori difficoltà. Le mucche, generalmente piuttosto magre, si cercano da sole qualcosa da mangiare (ne ho vista qualcuna piluccare i fiori delle offerte votive)  ma hanno ciascuna un padrone, vicino o lontano che sia. Il padrone ottiene latte e vitelli, una vera benedizione. Gli escrementi invece sono free: tutti li possono raccogliere (e lo fanno), sagomarli a forma di disco ed essiccarli. Infine li possono usare come combustibile e non è raro vederne bei mucchietti in vendita già essiccati lungo le strade di comunicazione.

Le donne indiane sono uno spettacolo. Oggi abbiamo superato lentamente un loro gioioso corteo. Nei loro svolazzanti sari dai colori diversi, ma sempre sgargianti. Vederle e incontrarle continuamente per le strade e nei mercati è un piacere. La esuberanza delle donne è massima in certi cortei matrimoniali o festaioli che si superano sovente nelle città ed anche nelle periferie. Precedute da un veicolo coloratissimo e addobbato proprio per le feste , che procede lento con musica ad altissimo volume; seguono le donne di varia età che danzano, cantano   e si voltano da tutte le parti strette tutte assieme.

Nel censimento viene rilevato la % di donne rispetto agli uomini. Valore ritenuto indice di quante ne vengono soppresse prima di nascere.  Adesso hanno abolito l’ ecografia per le donne in gravidanza. Estremi mali, estremi rimedi. Nel Rajasthan Road Atlas il cosiddetto “Sex Ratio” delle donne si ferma a 926, ossia mancano all’ appello 74 donne su 1000 per essere alla pari con gli uomini. In nessun distretto comunque raggiunge il valore 1000, ossia la parità.

Una donna, Indira Gandhi, è stata a lungo presidente, ma tuttora le donne sono svantaggiate ed hanno meno istruzione. Per esempio esse costituiscono la maggioranza fra gli addetti alla pulizia delle strade, un poco meccanizzato. Nelle vie in cui si desidera  mostrare un certo decoro gli escrementi delle vacche vengono raccolti ancora freschi  raschiando il fondo stradale con due tavolette di latta; poi si passa alla cacca successiva trascinando un contenitore che non è altro che un sacco di juta.

Nei giornali sono numerose le notizie di episodi di violenza sulle donne. Tutti i giorni. Spesso anche gli avversari nella campagna elettorale si accusano a vicenda di violenze sessuali.

Giorno 11 12

Lasciato Pushkar,città piccola ma molto nota come centro religioso, arriviamo subito ad Ajmer, più grande, ma meno conosciuta. Eppure Ajmer ospita un antico complesso tempio+museo di fronte al quale chiunque deve inginocchiarsi in ammirazione. Si chiama Red Temple per il colore uniforme dell’ esterno. Ma si chiama anche Golden Temple per il colore dell’ interno del museo, tutto dorato. In una sola gigantesca sala a forma di ferro di cavallo e alta come un teatro è rappresentata tutta la cosmogonia giainista. Il visitatore, separato solo da un vetro può percorrere tutti i palchi dei vari ordini ammirando da ogni punto di vista questa rappresentazione dell’ universo, reale e fantasioso, comunque estremamente elaborato e dettagliato.  Jina iniziò una variante dell’ induismo circa 500 anni aC detta appunto giainismo. Il mondo inferiore è diviso in sette livelli. Anche il mondo di mezzo è diviso in sette zone e gli uomini ne occupano una. Sopra c’ è il mondo delle divinità. Anche gli dei per raggiungere la liberazione debbono passare per il mondo degli uomini. Attorno alla terra ruotano due soli e due lune. La terra è contornata da un oceano, ed esso si trova all’ interno di un continente più grande e così via; nel modello sono rappresentati 13 continenti e 13 oceani. Tutti  dorati e brillanti.

Qui ci siamo fermati un po’ troppo per questo saltiamo le moschee e i minareti, esempi di architettura indo-mussulmana, un po’ fuori mano, non perché temiamo furti o molestie, come dice di temere il nostro autista.

Giunti a Jaipur, la città rosa. Di primo mattino seguiamo la corrente e saliamo al forte Amber issati sulla groppa di elefanti, pazienti, ma nontropp. Poi visita del forte con vista mozzafiato e cinta muraria che si para sotto di noi

Piccola digressione: andiamo a visitare uno di quei serbatoi di acqua a scalinate simmetriche nelle vicinanze. Piacerebbe essere dei droni per poter ammirare il tutto dall’ alto

Altro pezzo forte è il Palazzo dei venti: un po’ di storia, niente visita interna, qualche foto frettolosa sostando in mezzo alla strada. Poco più che dovere d’ ufficio.

L’ osservatorio astronomico (Jantar Mantar) merita di essere visitato e studiato ben bene. Purtroppo le guide non hanno sufficiente preparazione per spiegare la maggior parte delle installazioni presenti, una ventina. Per i fisici, ingegneri, geografi c’ è l’ opportunità, anche sulla base di una pubblicazione in vendita all’ ingresso, di approfondire certi aspetti  astronomici. Meridiane ed orologi solari giganteschi: quello di 27 metri permette di scandire il tempo con una risoluzione di 2 secondi. Ma ci sono anche eliometri, calendari, strumenti per prevedere le eclissi. Tutti da usarsi ad occhio nudo. Nella prima metà del settecento ne furono costruiti in diverse città del Rajastan: questo è il più complesso ed è patrimonio UNESCO. Può darsi, ma non lo so, che tecnici occidentali abbiano collaborato

Giorno 13 -14

Abbiamo inserito il parco nazionale di Ranthambore, fuori dal Rajastan, per vedere le tigri in libertà. E’ un parco di ripide e rocciose colline e profonde vallate; non basta un veicolo a 4 ruote motrici: occorre un veicolo davvero speciale ed un autista altrettanto esperto per affrontare le ripide salite e le minacciose discese con piste fatte di sassi di ogni dimensione. Partecipato a tre game drive: di pomeriggio, di prima mattina e di nuovo di pomeriggio. A parte i mammiferi più comuni per due volte abbiamo anche visto, meglio dire intravisto anche il raro leopardo. Ma le tigri no. Il risultato era da mettere in conto, ma la delusione resta. Turisti del tavolo accanto hanno fatto un solo game drive ed hanno visto comodamente la tigre alle prese con la carcassa di un cerbiatto ucciso. Tutto vero, confermato da altri: nella zona 3 tutti hanno visto la tigre. Ma io no, il parco è suddiviso in una decina di zone , i veicoli vengono sparpagliati in zone scelte col sorteggio, per evitare una loro eccessiva concentrazione: a me sono capitate la zona 6, poi la 8 e infine la 7. Le tigri sono presenti in numerosi parchi qua e là per tutta l’ India , ma in nessuno di questi ce ne sono a sufficienza per la brama dei turisti. Qui non vengono messi a disposizione binocoli, cartine, manuali per birdwatching o mammiferi e in complesso meglio non fare confronti con i safari in Africa orientale o meridionale.

Giorno 15

Giornata di trasferimento verso nord. Prima di giungere ad Agra visitiamo Fatehpur Sikri. La città fu costruita nel 1500, ma fu presto abbandonata, forse dopo soli 15 anni, dicono per la scarsità di acqua. Ci si perde in grandiose spianate, prati fioriti e colonnati senza fine.

Giorno 16

I grandi monumenti costruiti secondo uno stile arabo-iraniano comprendono anche  bellissimi mausolei, dedicati ai vari regnanti. Quello di Agra, detto Taj Mahal, fu dedicato dall’ imperatore moghul alla moglie. Diventato simbolo dell’ India, è ammirevole per la simmetria, la bellezza, i colori, i bassorilievi, i particolari costruttivi ed il largo impiego di marmi e pietre dure.  Visitabile e fotografabile a piacere, salvo la parte più interna. Unici gli intarsi realizzati incidendo l’ onnipresente marmo e inserendo pietre dure dei vari colori. Security rafforzata. E’ contornato da ampio giardino e specchi d’ acqua. Preso a modello per altri mausolei più piccoli. Pranzo fuori programma: ci facciamo portare all’ Oberoi hotel, valido esemplare della catena che ha fatto la storia coloniale inglese. Pomeriggio Forte Rosso e altri siti di architettura moghul lungo il fiume Yamuna.

Giorno 17

A Delhi  oggi cominciamo con la visita al mercato ed alla grande moschea. Questa mattina ho aperto il giornale: l’ India ha lanciato con successo un gran numero di satelliti con un solo razzo vettore. Ha superato tutti i lanci precedenti al mondo. Però qui per strada in zona mercato c’ è un ingorgo pazzesco. Una buona parte del traffico si svolge con i risciò, biciclette a tre ruote che portano due passeggeri che stanno comodi, si fa per dire, rivolti in avanti sotto una tenda a soffietto ed altri due nel retro con le gambe penzoloni. Il ciclista – taxista  per pochi soldi pedala quando è possibile. Altrimenti scende e trova manualmente un passaggio. La città è in pianura ma è sufficiente un minimo dislivello per mettere in difficoltà il ciclista. Per farsi largo può azionare il campanello: gira una levetta e lo scampanellio diventa continuo: finché pedala ogni raggio della ruota aggiunge il suo drin drin e dalla frequenza dei drin drin si capisce anche la velocità del risciò. Nella scala della complessità vengono poi i carrelli con quattro ruote alte da bicicletta spinti manualmente, privi di freno e di volante, ma capaci di trasporti inverosimili; finito un trasporto possono fungere anche da banco vendita oppure da letto. Si passa poi ai furgoni “apecar” , licenza  italiana Piaggio, a motore  oppure, in certi posti, a batteria. I loro clacson sono assai più potenti. Possono trasportare oltre un metro cubo di carne umana viva, ossia fino a 10-12 persone. Le auto costituiscono il veicolo più lussuoso, ma certamente il più lento. In cima alla graduatoria stanno gli autobus: i loro clacson sono a dir poco agghiaccianti. In fondo alla lista ci sono i pedoni: corrono i maggiori rischi ma sono i più veloci.

E ora la grande moschea. Finita la seconda guerra mondiale, l’ India ottenne l’ indipendenza dal colonialismo inglese. Il braccio destro di Gandhi, nazionalista quanto lui, essendo mussulmano chiese ed ottenne la creazione di due stati, così nacque il Pakistan islamico. Ma una buona rappresentanza di popolazione e architettura islamica rimase in India, così se ne trovano in grande quantità, soprattutto al nord. E non poteva che essere così, dopo secoli di dominazione araba. La moschea più grande è a Delhi, proprio qui in centro vicino al mercato vecchio.. Le moschea in sé è impressionante per la scalinata di accesso, l’ ampiezza del cortile interno e gli alti minareti. Tuttavia la visita si conclude in poco tempo dato che non si può accedere all’ interno.

Andiamo ad ammirare un gigantesco minareto, il primo eretto e rimasto il più grande e grosso. Non lontano si vede un tentativo di imitazione, in scala maggiorata, ma fallito miseramente. Anche la moschea ed altri monumenti che lo attorniano sono in gran parte crollati, ma il minareto centrale, restaurato, continua a troneggiare.

Da programma ecco la visita della tomba  di Humayun, gigantesco complesso vicino al fiume che attraversa Delhi: una specie di prototipo del Taj Mahal di Agra. Ben documentato l’ accurato recente restauro. Meritato l’ inserimento nella lista dei patrimoni UNESCO.

Segue la visita al Lotus Temple, costruito per promuovere la concordia e il rispetto fra tutte le religioni; ampio giardino, si entra a gruppi, si riceve una raccomandazione scritta, si entra in un’ amplissima hall circolare, si resta in assoluto silenzio per non so più quanti minuti e poi si esce , sempre in silenzio. Da mettere nelle esperienze che toccano il cuore.

E’ stato poi il turno di un grande tempio sikh, ai miei occhi altra varietà dell’ induismo. Segni particolari: sono di osservanza molto rigida (rigorosamente vegetariani), dispongono di ricchezze non comuni, di tanto in tanto furono perseguitati, molti hanno una barba riccia, a volte indossano un turbante. Quando portano l’ uno e l’ altra incutono un particolare rispetto, parola mia.

Quasi sentito come un dovere ho voluto rendere un rapido omaggio anche alla tomba di Gandhi. Tomba per modo di dire, lì fu assassinato, lì fu cremato e le ceneri disperse nel vicino fiume; non un tempio, non un monumento, solo lapidi con suoi detti, fiori, ampio prato verde, lenta scalinata, tumulo di granito, ancora fiori, un tumulo di granito, una fiamma perenne. E silenzio.

E’ ora di bilanci. Ho superato la “prova India”. Ho superato certi luoghi comuni, non sono sicuro di avere capito tutto e nemmeno di non aver preso cantonate. Ho visto poco più di uno degli stati indiani, che sono decine. Ho scavato un po’ anche dentro di me. Conservo foto, film, ricordi Torno in Italia, lieto di aver superato la prova-India. Vorrò scoprire altre indie, ma adesso, per un po’, preferisco tornare in Africa.

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Era un bisogno il mio, di viaggiare in Eritrea. Per provare comprenderne un pò di più la sua
tormentata storia, oltre i libri, le letture, la documentazione e i racconti, per incontrare il suo
popolo, gli anziani con ancora il ricordo degli italiani e i giovani che hanno gli stessi sogni di tutti i giovani del Mondo. Ho desiderato viaggiare in Eritrea per poter unire i pezzi di un percorso antico che dall’altra parte del mare, passando per Adulis e attraverso passi di montagna, arrivava fino ad Axum. Volevo percorrere la strada che scende a Massaua, camminare lungo le sue vie, sentire la pelle, seccata per il clima dell’altopiano, sudare per l’umidità. E viaggiare nella terra dove ha messo radici, come le mettono le erbe matte, la presuntuosa espansione coloniale dell’Italia.
Ho una passione che mi farà tornare in Eritrea. Gli Afar della Dancalia.

Mali – Diario di viaggio

Mali – Diario di viaggio

Si parte per il Mali! Alle 8.25 abbiamo il volo da Genova, arriviamo a Roma e lì incontreremo il gruppo di Avventure nel Mondo. Abbiamo avuto pochi contatti con i nostri compagni di viaggio, solo qualche mail con la capogruppo. Io non ho contattato nessuno perché non voglio immaginare come saranno i componenti del gruppo prima di partire, preferisco scoprirlo “sul campo”, perché troppe volte l’apparenza inganna. L’appuntamento è alle 11, abbiamo tutto il tempo di fare le cose con calma e di prendere l’ultimo caffè italiano a Fiumicino. Da Roma voliamo ad Algeri, dove dobbiamo aspettare 5 ore il volo per Bamako. Chiacchieriamo con alcuni componenti del gruppo e ci prendiamo un caffè algerino. L’aeroporto è piuttosto nuovo e deserto, siamo solo noi e poche altre persone. Il volo per Bamako prosegue per me in dormiveglia.. sono circa 4 ore ma mi sembra lunghissimo… Arriviamo a Bamako alle 23, per fortuna con noi arrivano anche tutti i bagagli e quindi andiamo in albergo: squallidissimo, nel classico stile Avventure nel Mondo. Vado a dormire tardissimo, perché voglio riorganizzare il bagaglio e farmi una doccia.

Mali di fine secolo – Diario di viaggio

Mali di fine secolo – Diario di viaggio

Il viaggio di ritorno a  Itaca di Ulissa  è stato lungo  dieci anni, per far ritorno alla sua isola, vagando per il Mediterraneo. Ne ho impiegati di più e visitato molti paesi e città del mondo. Ho trascorso pezzi di vita altrove, per lavorare, ma anche per scoprire,  per ritornare e poi raccontare per ricordare. La mia Itaca non è un’isola, ma una penisola, l’Italia. Lo stesso, il cammino è stata la meta, cioè il ritorno in Italia, dopo i viaggi.  Ho viaggiato, quindi, non da Itaca a Itaca, ma dall’ Italia all’Italia.

Goa, tra la salsedine e l’incenso – Diario di viaggio

Goa, tra la salsedine e l’incenso – Diario di viaggio

E’ un posto strano Goa. E’ un’India che non è India.
Quando arriviamo all’aeroporto di Dabolim, dopo ore di aerei e attese, veniamo avvolti dall’afa e da una folla di persone. Poi ci aspetta un’altra ora e mezza di strada polverosa e trafficata, fino ad arrivare a Palolem.

Goa è lo stato più piccolo, potrebbe facilmente passare inosservato sull’enorme mappa del Paese, ed è anche il più ricco, con un PIL pro capite di due volte e mezzo la media nazionale. Il motivo è legato al suo passato e al turismo, che attira ogni anno migliaia di persone lungo i suoi 100 Km di costa.

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